RUMORE VIBRAZIONE E ULTRASUONI

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Rumore, Vibrazione e Ultrasuoni

OBIETTIVI:

1)     Conoscere le caratteristiche fisiche del suono, del rumore ,delle vibrazioni e degli ultrasuoni in genere: intensità, frequenza, direzione di propagazione

2)     Definire le grandezze operative mediante le quali tali fenomeni sono caratterizzati:

3)     Identificare le sorgenti di rumore, di vibrazioni ed ultrasuoni nell’ambiente lavorativo e darne una stima qualitativa del livello sonoro  e dell’esposizione giornaliera .

4)     Identificare i principali effetti  di rumore, ultrasuoni e delle vibrazioni sulla salute dell’uomo

5)     Intraprendere misure per prevenire e proteggersi da situazioni che espongono a tali fattori di rischio;

6)     Conoscere i DPI e loro uso

1.   RUMORE

 Aspetti fisici: rumore e suono

Con  “rumore” si intende comunemente un suono le cui caratteristiche possono renderlo fastidioso o doloroso per l’uomo fino a divenire causa  di effetti dannosi sulla salute.

Un suono è un onda meccanica che si propaga attraverso un mezzo; nel caso che questo mezzo sia l’aria, il suono si produce  quando  si crea una variazione della pressione atmosferica; ci si può immaginare, in modo naive,  le onde meccaniche prodotte in aria similarmente alle onde prodotte da un sasso  lanciato in uno specchio d’acqua. La propagazione del suono avviene quindi sempre in un mezzo (nel vuoto non c’è suono!) ed è accompagnata da trasporto di energia sotto forma di onde di pressione.

Il timpano del nostro orecchio è una membrana sensibile a tale pressione; tramite il sistema uditivo l’onda di  pressione è convertita dal nostro cervello in sensazione uditiva o rumore.

Useremo pertanto il termine suono per descrivere l’aspetto fisico del fenomeno senza metterlo in relazione alla salute dell’uomo.

Caratteristica fondamentale di ogni suono sono l’intensità e la frequenza: nel sistema internazionale di misura (S.I.) l’intensità è proporzionale alla pressione dell’onda e la frequenza al n° di oscillazioni al secondo di questa (misurate in hertz, Hz). Si può in prima approssimazione associare l’intensità al volume e la frequenza alle  note musicali.

Il nostro orecchio può percepire suoni che vanno dai  20 (gravi) ai 20000 (acuti) Hz. All’interno di questa banda di frequenze varia la sensibilità di ognuno di noi.

 Il Decibel

Si trova sperimentalmente che la soglia di udibilità dell’orecchio umano corrisponde ad una pressione di 0.00002 (2 x 10-5) Pascal [Pa] che incide sul timpano: ciò vuol dire che pressioni inferiori non sono “sentite” dall’orecchio; d’altra parte una pressione di 100 Pa coincide con la soglia del dolore. Per tener conto della notevole  variazione fisica della pressione causata da una sorgente relazionandola  alla sensazione che produce sull’orecchio si utilizza il DECIBEL simbolo [dB] definito come:

dB = 10log10 ( P/2×10-5)2

in cui P è la pressione che incide sul timpano.

Secondo questa definizione alla pressione della soglia di udibilità   (2 x 10-5) Pascal corrispondono  0 dB.

Ovviamente più  è alta P, più ad essa corrisponderanno dB elevati.

Si noti un fatto importantissimo, che segue proprio dalla definizione usata per il decibel: ad ogni raddoppio della pressione non corrisponde un analogo raddoppio dei decibel. In effetti si ha che raddoppiando l’intensità del suono i decibel aumentano di 3 unità [1]. Questo aspetto tiene conto della sensibilità dell’orecchio umano al suono: in altre parole un raddoppio dell’intensità (grandezza fisica legata alla pressione) del suono non è percepito dall’orecchio come un rumore di “volume” doppio, bensì “di poco più alto”: quel “di poco più alto” è appunto l’aumento di sole 3 unità nella scala dei decibel.

 [1]Per esempio, se si sta parlando a 70 dB, raddoppiando l’intensità della voce il suono corrispondente sarà di 73 dB (e non 140 !); raddoppiando ancora si arriverà a 76 e così via.

Un modo per effettuare una stima approssimativa  del livello di rumore è quello di confrontare la situazione lavorativa con alcune tabelle e scale del rumore nelle quali sono riportati esempi di Leq per varie tipologie di lavoro e attrezzature. Si veda la figura seguente:

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Dal suono al rumore (sensazione uditiva)

Si è trovato sperimentalmente che non tutti i suoni di uguale frequenza sono percepiti in modo uguale dall’orecchio e che non tutti gli uomini percepiscono suoni uguali allo stesso modo. In altre parole, i suoni di  frequenza molto bassa o molto alta (gravi o acuti) sono percepiti come più “flebili” dei suoni di uguale intensità ma di frequenza intermedia e quindi la sensazione uditiva   dipende a parità di intensità dalla frequenza del suono. Di ciò si deve tenere conto se si vogliono descrivere degli effetti del suono sul timpano.

Inoltre occorre considerare non solo l’intensità (dB) e frequenza del suono ma anche la sua durata  in termini di tempo e cioè l’energia che viene ad incidere sul timpano; e ancora considerare che nella realtà ciascun rumore non è mai perfettamente costante per quanto riguarda intensità e frequenza, ma presenta una certa fluttuazione nel tempo.

Si utilizza pertanto la grandezza livello sonoro equivalente (Leq) definito come il livello di un ipotetico rumore costante che se sostituito al rumore reale sottopone l’orecchio alla stessa quantità di energia.

  Tabella 1

Elenco di alcune attività e attrezzature in ambito sanitario e relativi intervalli di Leq

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La tabella 1 è puramente indicativa: solo valutando caso per caso con l’ausilio anche di misurazioni fonometriche è possibile conoscere in modo più preciso il Leq di ogni attività/attrezzatura

CLASSIFICAZIONE DEL RUMORE

La classificazione del rumore può essere effettuata in base:

a.alla sorgente naturale o artificiale (in dipendenza alla civilizzazione o all’industrializzazione):

b.alla sua intensità e alle sue caratteristiche spettrali;

c.alle sue variazioni nel tempo. In relazione alle variazioni nel tempo, è possibile avere rumori stabili (o continui o stazionari) e rumori instabili.

Un rumore stabile o continuo può essere continuo a banda larga (presente ad esempio in una officina meccanica) e continuo a banda stretta (prodotto ad esempio da una sega circolare). Un rumore instabile può essere:

  • intermittente (ad es. partenze di aerei);

  • fluttuante (con lievi variazioni del livello sonoro);

  • impulsivo (con brusche variazioni di livello sonoro, anche di 40 dB in 0,5 sec).

Un rumore impulsivo può essere caratterizzato da impulsi brevi (ad es. operazioni di martellatura) o impulsi prolungati (ad es. operazioni di molatura).

MISURA DEL RUMORE

La misura dei livelli di rumore si effettua con l’impiego dei fonometri. Con tali apparecchi si determina l’intensità del rumore in decibel e i livelli delle bande di frequenza analizzate in ottave.
Tali elementi sono misurati per ogni tipo di rumore.
Un fonometro è composto da un microfono, un attenuatore, un amplificatore elettronico e uno strumento di registrazione.
Il fonometro misura una media ponderata (media geometrica) delle pressioni sonore presenti in una banda di frequenza; tale misura viene poi rapportata alla pressione sonora di riferimento (0,00002 Pa); indi fa il logaritmo di tale rapporto.
La gamma di misura di un fonometro di precisione è compresa fra 24 dB e 140 dB per un intervallo di frequenza situato tra 20 e 20000 Hz.
Prima si considera il livello globale del rumore, quindi si effettua lo studio spettrale analizzando in bande di frequenza comprese tra 20 e 20000 Hz.
Dal 1961 è in uso un filtro soggettivo incluso nel fonometro che fornisce tre curve di risposta alle frequenze: queste tre curve sono indicate con A, B e C.
La curva di risposta “A” è quella che tiene maggior conto dell’impedenza dell’orecchio umano.
E’ essenziale sempre una taratura dell’apparecchio con l’aiuto di sorgenti sonore standard.
Per facilitare la misura del rumore, si possono utilizzare dei dosimetri di rumore che rendono possibile la registrazione in un intervallo di tempo determinato, dell’energia sonora accumulata (in percentuale dalla dose permessa).
I dosimetri attualmente in uso non si limitano al calcolo della percentuale di dose, ma permettono, come applicazione del principio di uguale quantità di energia, di calcolare il Livello Equivalente Sonoro (LEQ) relativo al periodo di osservazione.
Inoltre, una volta fornito il dosimetro del criterio di valutazione del livello di esposizione al rumore scelto in base alla Normativa corrente (Normativa ISO), esso elabora una proiezione sull’intero turno lavorativo del valore più probabile di LEQ.
In sintesi, il fonometro permette una raffinata valutazione spaziale dell’energia sonora, con possibilità di scomposizione dei valori dell’energia stessa in bande di frequenza.
Nel caso in cui l’operatore compia una mansione che comporta frequenti spostamenti nell’ambito lavorativo e quindi una variabilità spazio-temporale dell’energia ricevuta dall’apparato uditivo, risulta efficace l’uso del dosimetro come campionatore personale di esposizione.
Se si vogliono raggiungere quindi entrambi gli obiettivi di prevenzione e di valutazione del rischio da esposizione al rumore in ambiente lavorativo, è indispensabile l’uso integrato del dosimetro.

Effetti del rumore sulla salute

Il danno da rumore più comune e più studiato è l’ipoacusia, cioè la diminuzione (nei casi gravi fino alla perdita) dell’udito. In Italia l’ipoacusia causata dal rumore è la malattia professionale più frequentemente denunciata: il contributo maggiore viene dall’industria nella quale rappresenta circa la metà dei casi di tutte le malattie professionali denunciate.

Tuttavia il rumore agisce in via indiretta anche su altri organi ed apparati (soprattutto  l’apparato cardiovascolare ed il  sistema nervoso centrale): forti rumori che si verifichino sporadicamente ed irregolarmente sono meno dannosi di un rumore, anche più basso, che sia costantemente presente come sottofondo.

Alcuni studi hanno mostrato che un’intensità  del rumore oltre gli 85 dB(A) determina un aumento significativo del battito cardiaco e della pressione del sangue, oltre a costituire un effetto di mascheramento che disturba le comunicazioni verbali, favorendo l’insorgenza di stress mentale e diminuendo il  rendimento lavorativo.

In ambito sanitario il rumore non sembra costituire uno dei principali rischi per la salute dell’uomo, poiché non sono di norma raggiunti livelli di pressione sonora sul timpano tali da provocarne la rottura. A livelli di rumorosità più contenuta non bisogna però sottovalutare particolari situazioni che si possono verificare in talune circostanze, soprattutto per quanto riguarda l’azione di disturbo dell’attività lavorativa ed il conseguente stress che esso può provocare.

Attività nelle quali interviene un livello non trascurabile di rumore sono quelle tipiche dei servizi di lavanderia (rumore continuo di sottofondo) e manutenzione di macchinari nelle quali il lavoratore è sottoposto a rumore di attrezzature da lavoro particolari (rumore non continuo ma sovente di intensità non trascurabile); situazioni particolari possono presentarsi nei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL per quanto riguarda le attività di vigilanza fuori sede lavorativa  durante le quali occorre accedere ad aree o lavorazioni particolari (presso cantieri, officine, nell’area della sanità animale e nei macelli bovini/suini). Locali cui prestare attenzione sono inoltre le Centrali termiche, le sale di elaborazione dati (server), le sale gessi ed i front office.

Una particolare categoria di rumore finora poco considerata nella letteratura (e nella legislazione) è quella del “rumore in cuffia”, tipica del lavoro di centralinisti e operatori telefonici o comunque  di coloro che fanno largo uso di apparecchi telefonici (cornette, cuffie, auricolari).

Secondo alcuni studi gli operatori di un centralino telefonico, in determinate circostanze, possono essere esposti a rischio uditivo. Alcuni dispositivi di ricezione a volume regolabile (cuffie, auricolari) sono infatti caratterizzati da livelli anche superiori a 85 dB(A).

E’ necessaria anche in questi casi adeguata  informazione-formazione dei lavoratori addetti sul corretto uso dei dispositivi di ricezione: una regolazione troppo alta dell’amplificazione della voce dell’interlocutore comporta necessariamente una maggiore esposizione.

In un secondo momento si possono adottare alcune misure di prevenzione e protezione quali opportuni limitatori di livello sonoro che intervengono automaticamente a “tagliare” i volumi troppo alti (nell’ambito della ricerca si sono rivelati notevolmente efficaci). Oppure possono essere intraprese migliorie nella logistica dei locali, riducendone il rumore di fondo con interventi strutturali (incrementando l’assorbimento acustico delle pareti e del soffitto) o separando maggiormente le postazioni.

Rumore e Legislazione: valutazione del rischio.

 

La grandezza che meglio descrive gli effetti del rumore sull’uomo  è il Livello equivalente personale (Lep) giornaliero o settimanale. Tale grandezza è una sorta di “media” dei singoli Leq  relativi ai vari rumori cui è sottoposto un individuo nel corso della giornata (o della settimana). Il Lep tiene conto quindi non solo dell’intensità del singolo rumore ma di quanto esso dura. Come similitudine con le radiazioni ionizzanti si può paragonare il Lep alla “dose” di rumore ricevuta da un individuo nel corso della giornata o settimana lavorativa

Il processo di valutazione del rischio rumore in ambito lavorativo si basa sulla misura con opportuni strumenti delLeq relativo a ciascun rumore presente nell’arco del giorno (giornata lavorativa) e sul successivo calcolo del Lep relativo a ciascun  individuo (o gruppo di lavoratori). Sulla base del risultato si provvede a fornire le misure di prevenzione e protezione necessarie.

La vigente normativa in materia introduce l’obbligo per le aziende di effettuare la valutazione del rischio rumore. Nel caso particolare tale obbligo è sancito dal D.Lgs. 277/91 (capo IV, art. 40/49) e, più in generale dal D.Lgs. 626/94 (art. 4).

MODALITA’ DI VALUTAZIONE

Il D.Lgs. 277/91   prevede due modalità per effettuare la valutazione.

  1. Valutazione con misurazioni (indagine fonometrica secondo i criteri indicati nell’Allegato VI al decreto);

  2. Valutazione senza misurazioni fonometriche , qualora si possa “fondatamente” ritenere   che i livelli di esposizione personali a rumore (LEP) non superino gli 80 dB(A).      Per decidere sul non superamento o meno degli 80 dB(A) di LEP, il datore di lavoro deve utilizzare dei criteri da riportare nel

Rapporto di Valutazione (vedi). I criteri comunemente raccomandati sono:

  • i risultati di misurazioni, anche estemporanee;

  • i risultati di precedenti misurazioni;

  • la disponibilità di specifiche acustiche dei macchinari in uso;

  • i confronti con situazioni analoghe;

  • i dati di Letteratura;

  • la manifesta assenza di fonti di rumorosità significative.

Alcuni elenchi indicativi di attività e mansioni normalmente con     LEP < 80 dB(A) sono riportati in alcune pubblicazioni (tra cui le linee guida aggiornate periodicamente dall’ISPESL, delle quali si riporta un estratto in tabella 1) . I datori di lavoro sono comunque invitati ad utilizzare i criteri prima citati ed a considerare le specificità del loro caso (addensamento di macchine/lavorazioni, vetustà e condizioni di manutenzione delle macchine, riverbero dell’ambiente…) in grado di modificare sensibilmente il livello finale dell’esposizione al rumore.

Accanto a queste possibilità ve ne è una terza:

  1. “autocertificazione”, quest’ultima prevede che il datore di lavoro si “autocertifichi” non superare la soglia di rumore qualora vi sia palese mancanza di fonti di rumore nelle sedi di lavoro.

Riguardo quest’ultimo punto si fa osservare che la Corte di Cassazione, nelle sue più recenti sentenze (Cass.pen.Sez.III, 13/2/2001, n° 5926) ha affermato che l’obbligo della Valutazione prescinde dal superamento di una certa soglia di rumorosità e che quindi è evidente come sia opportuno procedere comunque ad una valutazione, anche “formale”, del rischio rumore, a meno che il livello di rumore sia talmente basso da rendere sufficiente una “autoanalisi” .

 RAPPORTO DI VALUTAZIONE

A conclusione del processo di valutazione, il datore di lavoro deve redigere un apposito “Rapporto di Valutazione” che costituisce il documento di cui all’art. 4 D.Lgs. 626/94.

Nel caso che si siano effettuate misure fonometriche il rapporto di valutazione è costituito dalla  “Relazione Tecnica”, prodotta da personale competente[2] e nominato dal datore di lavoro, nella quale si indicano i criteri ed i risultati delle misurazioni, integrata poi dal programma delle misure di prevenzione e protezione ritenute necessarie.

[2] Si fa notare che l’attuale legislazione parla solo di “personale competente” non dando ulteriori ragguagli su quale tipologia di professionista sia abilitato a compiere tali misurazioni. Pertanto sarà cura del Datore di Lavoro scegliere persona “competente” valutando accuratamente le capacità professionali ed il curriculum di colui cui affida l’indagine fonometrica.

Come previsto dall’art. 4 comma 3 del D.Lgs. 277/91, la valutazione dell’esposizione al rumore deve essere ripetuta ad opportuni intervalli. È obbligatorio, in particolare,:

–  ogniqualvolta vengano introdotte nelle lavorazioni modifiche sostanziali  che incidano sul rumore prodotto;

–  ogniqualvolta lo richieda, con provvedimento motivato, l’organo pubblico di vigilanza;

mentre, in condizioni normali, si ritiene che la frequenza di valutazione possa essere

–  ogni 5 anni se nessun lavoratore supera il Lep di 80 dB (A);

–  ogni 3 anni se anche 1 solo lavoratore supera il Lep di 80 dB (A).

 Tabella riassuntiva degli adempimenti

La seguente tabella riassume in modo schematico gli adempimenti di legge

(artt. 42,43,44 D.Lgs. 277/91)

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MISURE DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

MEZZI DI PROTEZIONE (collettiva)

I mezzi di protezione da rumore si dividono in collettivi ed individuali.

Prima di intraprendere la via dei DPI (dispositivi di Protezione Individuale) che nel caso del rumore possono molte volte essere mal tollerati dal lavoratore, occorre iniziare con la prevenzione delle situazioni rumorose con i mezzi di protezione collettiva.

I mezzi di protezione collettiva tendono a ridurre la rumorosità nei locali di lavoro agendo nell’ordine con la riduzione alla fonte, mediante il confinamento delle sorgenti sonore e mediante l’assorbimento del rumore.

  • La riduzione del rumore alla fonte:  l’acquisto di attrezzature poco idonee e più in generale l’inevitabile invecchiamento di tutte le attrezzature di lavoro inducono vibrazioni delle strutture che si traducono in rumore. La riduzione alla fonte interviene su queste anomalie strutturali eliminando i moti vibratori indesiderati ed il rumore emesso.

  • Il confinamento: molte macchine, impianti  o locali ad uso speciale sono rumorosi di per sé: in questi casi il confinamento è una misura che interviene a separare la fonte di rumore dall’ambiente di lavoro, spostandola fisicamente o creando delle barriere fisiche (muri, pannelli o box interi) che impediscano la diffusione del rumore negli ambienti circostanti.

  • L’assorbimento: nei casi in cui non è possibile ricorrere alle due misure precedenti si cerca di ridurre la diffusione del rumore che avviene per riflessione sulle pareti e superfici rigide; si adottano materiali in grado di assorbire la pressione acustica che catturano il rumore senza farlo più rimbalzare nell’ambiente (es. pannelli di Hemholtz).

DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE (DPI)

Solamente quando nessuna delle soluzioni di prevenzione collettiva è praticabile o si ottengono risultati poco soddisfacenti, si devono adottare i sistemi di protezione individuale (DPI) che proteggono direttamente l’apparato uditivo e che agiscono quindi direttamente sulla persona.

Come DPI  si utilizzano in genere i tappi  (o archetti auricolari) o le cuffie.

I tappi sono indicati per lavori prolungati in ambienti rumorosi o se si devono portare altri DPI quali occhiali, respiratori ecc.

Le cuffie possono risultare più pratiche se le operazioni svolte richiedono passaggi frequenti da aree ad alta e bassa rumorosità. Se occorre portare contemporaneamente il casco una buona soluzione è quella di richiedere gli speciali elmetti dotati di cuffie antirumore per poterle spostare all’indietro quando non sono necessarie o è necessario ascoltare qualche comunicazione altrimenti incomprensibile.

Si ricorda che, come DPI, cuffie e tappi devono essere corredati di istruzioni d’uso (in italiano) marcatura CE e riferimento alla norma EN specifica (EN 351 per le cuffie, EN 352 per tappi ed archetti).

L’uso dei protettori auricolari personali è obbligatorio quando sono presenti i cartelli che segnalano rispettivamente obbligo di  utilizzare i dispositivi di protezione individuale (rotondo a sfondo blu) e pericolo da rumore (triangolare su sfondo giallo, si vedano le figure).

SCELTA DEI DPI

Per la corretta scelta dei DPI occorre conoscere non solo l’intensità (Leq, dB(A)) ma anche la frequenza del rumore da attenuare. Infatti come l’orecchio ha un  sensibilità differente alle varie frequenze così per ogni DPI i dB attenuati sono differenti. A seconda della frequenza: per esempio un DPI può attenuare notevolmente un rumore di bassa frequenza ma non essere altrettanto efficace per rumori di frequenza più alta.

In letteratura e sui siti web (www.ispesl.it) si possono trovare linee guida e specifici programmi che permettono  di scegliere il DPI più appropriato (incluse caratteristiche specifiche) da usarsi in relazione alla tipologia di attività ed alle caratteristiche del rumore da cui deve proteggere.

Se si utilizzano apparecchiature con un livello di rumore superiore a 90 dB(A) devono essere consegnati ed impiegati i dispositivi di protezione individuale (cuffie).

Tuttavia è possibile, se il lavoratore lo ritiene opportuno, fare uso di cuffie o tappi anche se il livello equivalente di rumore misurato è inferiore a 90 dB, ma  superiore ad 85, ovvero nei casi di uso saltuario di apparecchiature  che superano i valori di rumore di cui sopra.

Obblighi dei lavoratori

In sintesi ogni lavoratore deve:

– Osservare, oltre le norme del D.Lgs. 277/91, le disposizioni e istruzioni impartite dal Datore di Lavoro, dai dirigenti e dai preposti a fini della protezione collettiva ed individuale.

– Segnalare le eventuali deficienze dei DPI e delle attrezzature di lavoro nonché   le eventuali condizioni di pericolo di cui viene a conoscenza, adoperandosi direttamente nell’ambito delle proprie competenze e possibilità per ridurle.

– Usare con cura ed in modo appropriato i DPI predisposti ed assegnati quando ve ne sia l’obbligo e non tentare la riparazione di DPI rotti o consunti.

–  Sottoporsi ai controlli sanitari, ove  previsti dal Medico Competente.

– Non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che possano compromettere la propria ed altrui protezione e sicurezza (quali rimozione di protezioni ad attrezzature o cartellonistica di avvertimento…)

2.   VIBRAZIONI

PREMESSA E DEFINIZIONE

Sotto il termine “Vibrazioni” si indica generalmente uno scuotimento -più o meno accentuato- del corpo o parti di esso, in seguito a uso di specifiche attrezzature.

Gli effetti delle vibrazioni sull’uomo permettono di dividere questa categoria di rischio in due parti:

  •  vibrazioni al sistema mano-braccio, generalmente indotte dall’uso di utensili/strumenti ad impugnatura manuale;

  • vibrazioni al corpo intero, causate soprattutto dall’uso di mezzi di trasporto.

Ognuna delle due categorie genera patologie differenti sull’uomo (vedi “effetti delle vibrazioni”).

Da un punto di vista fisico le vibrazioni sono descritte da vari fattori, ciascuno dei quali contribuisce al rischio:

  • intensità: rappresenta l’ “entità”  della vibrazione;

  • frequenza: così come per il rumore, è il numero di oscillazioni (vibrazioni) al secondo;

  • direzione e verso (lungo i tre assi dello spazio)

  • durata (tempo)

In genere le attività sanitarie espongono ad un rischio vibrazioni minore rispetto l’edilizia,  l’agricoltura, l’estrazione mineraria e la metallurgia; questo rischio è comunque da valutare con attenzione.

La tabella 2 fornisce alcuni esempi di attività soggette a vibrazioni in ambito sanitario.

Tabella 2: attività e vibrazioni

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EFFETTI DELLE VIBRAZIONI

Vibrazioni del Sistema Mano-Braccio: l’esposizione a vibrazioni mano-braccio generate da utensili portatili e/o da manufatti impugnati e lavorati su macchinario fisso è associata ad un aumentato rischio di insorgenza di lesioni vascolari, neurosensitive e muscolo-scheletriche a carico del sistema mano-braccio. L’insieme di tali lesioni è definito Sindrome da Vibrazioni Mano-Braccio.

Le turbe neurosensitive tendono ad essere localizzate alle estremità degli arti superiori, mani e dita soprattutto, talora coinvolgendo il gomito e la spalla. Esse sembrano compromettere la sensibilità vibrotattile particolarmente nei soggetti che usano utensili che generano vibrazioni a media e alta frequenza quali ad es: smerigliatrici, motoseghe e strumenti odontoiatrici.

Le lesioni muscolo-scheletriche sono tutt’ora un argomento dibattuto.  Alcuni studi hanno evidenziato un’aumentata prevalenza di artrosi dei polsi e dei gomiti  limitate però ai lavoratori dei settori dell’edilizia,  dell’industria metalmeccanica e metallurgica esposti a vibrazioni di bassa frequenza e elevata ampiezza generate da utensili a movimento percussorio e percussorio-rotatorio, quali martelli perforatori, martelli da sbancamento, scalpelli e rivettatrici ad alimentazione pneumatica.

Non sembra invece incrementare il rischio di lesioni artrosiche nei lavoratori esposti a vibrazioni di media-alta frequenza prodotte da smerigliatrici o motoseghe.

Vibrazioni del corpo intero: l’esposizione ad elevati livelli di vibrazioni trasmesse a tutto il corpo da macchine e/o veicoli industriali, agricoli, di trasporto pubblico o militari è associata ad un aumentato rischio di insorgenza di disturbi e lesioni a carico del rachide lombare. In alcuni studi è stato anche segnalato che l’esposizione a vibrazioni trasmesse al corpo intero può causare alterazioni del distretto cervico-brachiale, dell’apparato gastroenterico, del sistema venoso periferico, dell’apparato riproduttivo femminile, ed infine del sistema cocleovestibolare.

Sono inoltre state rilevate correlazioni tra esposizione professionale a vibrazioni trasmesse a tutto il corpo e patologia del rachide lombare, mentre l’associazione tra vibrazioni e lesioni ad altri organi o apparati non è stata ancora adeguatamente documentata.

Tuttavia la relazione vibrazioni al corpo intero-alterazioni del rachide lombare non è ancora completamente chiarita poiché la guida di macchine o veicoli comporta non solo l’esposizione a vibrazioni potenzialmente dannose ma anche a fattori di stress ergonomico quali ad es. una prolungata postura assisa o frequenti movimenti di flessione e torsione del rachide. Pertanto, i nei sintomi muscolo-scheletrici e nelle lesioni al rachide lombare negli autisti di macchine o veicoli intervengono fattori di natura sia occupazionale sia extra-occupazionale.

LIVELLI DI RISCHIO

La grandezza fisica usata per descrivere il rischio da vibrazioni è l’accelerazione equivalente ponderata in frequenza, espressa  in m/s 2 , sulle 8 ore di lavoro, in simboli A(8). Per calcolare tale grandezza si fa uso di speciali strumenti detti accelerometri che fissati alla parte del corpo di interesse, misurano il valore quadratico medio dell’accelerazione lungo i 3 assi dello spazio.

Sulla base dei risultati di A(8) una proposta di Direttiva UE sugli agenti fisici (94/C230/03) distingue  livelli di rischio crescente definiti da 4 valori: livello di soglia, livello di azione, valore limite e livello di rischio rilevante. Sebbene la denominazione di livelli sia la stessa, le due tipologie di vibrazioni accennate in premessa hanno diversi valori di A(8), più bassi per le vibrazioni al corpo intero.

– Il livello di soglia rappresenta il livello al di sotto del quale un’esposizione permanente e/o ripetitiva non ha conseguenze negative per la salute del lavoratore esposto.

– Il livello d’azione rappresenta quel valore di esposizione a partire dal quale si devono attuare specifiche misure di tutela per i lavoratori esposti. Tali misure includono la formazione dei lavoratori sul rischio specifico, l’attuazione di interventi mirati alla riduzione del rischio, il controllo sanitario periodico dei lavoratori esposti.

– Il valore limite rappresenta il livello di esposizione il cui superamento è vietato e deve essere prevenuto, in quanto esso comporta  un rischio inaccettabile per un soggetto che vi sia esposto in assenza di dispositivi di protezione. Esposizioni a vibrazioni di livello superiore, oltre il “livello di rischio rilevante” devono essere assolutamente vietate, anche se di brevissima durata ed i macchinari in grado di produrle devono essere idoneamente contrassegnati .

VALUTAZIONE DEL RISCHIO

A differenza di quanto prevede il D.Lgs. 277/91 in relazione all’esposizione lavorativa al rumore, in Italia non esiste ancora una normativa specifica in materia di rischio volta alla tutela dei lavoratori esposti a vibrazioni: ciò spiega anche il fatto che le vibrazioni siano sovente trascurate come categoria di rischio.

D’altra parte, l’obbligo di valutare il rischio e di attuare le appropriate misure di prevenzione-protezione e sorveglianza sanitaria è stabilito in generale per tutti i fattori di rischio dall’art. 4 del  D.Lgs. 626/94, e vale quindi anche per l’esposizione professionale alle vibrazioni.

Si ricorda che è comunque ancora in vigore l’articolo 24 del D.P.R. 303/56 “Rumori e scuotimenti” che testualmente riporta: “Nelle lavorazioni che producono scuotimenti, vibrazioni o rumori dannosi ai lavoratori, devono adottarsi i provvedimenti consigliati dalla tecnica per diminuirne l’intensità”.

Tuttavia l’Italia è tenuta a recepire entro il luglio 2005 le prescrizioni minime specifiche in materia di vibrazioni fissate dalla direttiva comunitaria 2002/44/CE. Tali prescrizioni dovrebbero seguire in larga parte la Direttiva (94/C230/03), con la differenza che saranno sensibilmente abbassati i valori che definiscono il livello di azione ed il valore limite per entrambe le categorie di vibrazioni.

La procedura per la valutazione del rischio è analoga a quella descritta per il rumore, potendosi prevedere una valutazione senza misurazioni ed una con misurazioni e successivo rapporto di valutazione (con eventuale relazione tecnica rilasciata da “personale qualificato”, nel caso si siano svolte misurazioni).

MISURE DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

Si distingue per le due categorie di vibrazioni:

Vibrazioni del sistema mano-braccio

Prima di utilizzare i DPI occorre cercare di ridurre il rischio alla fonte; in particolare qualora risulti superato il livello di azione esposizione giornaliera  è d’obbligo attuare le seguenti misure di tutela per i lavoratori esposti:

  • Adozione di sistemi di lavoro ergonomici che consentano di ridurre al minimo la forza di prensione o spinta da applicare all’utensile.

  • Sostituzione dei macchinari che producono elevati livelli di vibrazioni con macchinari che espongano a minori livelli di vibrazioni.

  • Adozione di cicli di lavoro che consentano di alternare periodi di esposizione a vibrazioni a periodi in cui il lavoratore non sia esposto a vibrazioni.

  • Informazione sul rischio da esposizione a vibrazioni e formazione specifica sulle corrette procedure di lavoro ai fini della prevenzione e riduzione del rischio da esposizione a vibrazioni mano-braccio.

  • Impiego di DPI (guanti antivibranti).

  • Effettuazione di controlli sanitari preventivi e periodici da parte del medico competente.

Vibrazioni al corpo intero

Analogamente alla tipologia precedente, tra le misure di prioritaria importanza occorre:

• pianificare una regolare manutenzione dei macchinari, con particolare riguardo alle sospensioni, ai sedili ed al posto di guida degli automezzi;

• identificare le condizioni operative o i veicoli che espongono ai più alti livelli di vibrazioni ed organizzare laddove possibile turni di lavoro tra operatori e conducenti idonei a ridurre le esposizioni individuali;

• pianificare laddove possibile i percorsi di lavoro scegliendo quelli meno accidentati.

– Sorveglianza sanitaria con esami di routine;

– Informazione dei lavoratori potenzialmente esposti a tali livelli e formazione ai fini dell’applicazione di idonee misure di tutela.

DPI (DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE)

I più diffusi sono i DPI per le vibrazioni al sistema mano-braccio i cosiddetti guanti “antivibranti”, certificati secondo la norma europea armonizzata EN ISO 10819  (1996) (ricordiamo ancora che i DPI devono riportare la marcatura CE ed essere corredati di nota illustrativa sull’uso). Oltre ai benefici in termini di protezione delle mani dai rischi meccanici (abrasioni, tagli), dalle temperature estreme, dai rischi chimici e dall’umidità, i questi guanti possono ridurre la trasmissione delle vibrazioni alle mani e quindi assumere il ruolo di dispositivi di protezione individuale (DPI) in relazione al rischio vibrazioni.

3. GLI  ULTRASUONI

Suoni e ultrasuoni.

Come ricorda già la parola stessa, gli ultrasuoni sono onde meccaniche (di pressione) analoghe al suono (vedi) ma di frequenza superiore alle onde sonore che il sistema uditivo è in grado di percepire. Infatti gli ultrasuoni utilizzati in campo medico, per es. l’ecografia e la flussimetria doppler, hanno frequenze che variano da 2 a 20 MHz (20000000 Hz) (si confronti questo valore con 20-20000 Hz del suono udibile) e si propagano nei tessuti biologici analogamente al  suono nell’aria.  La velocità di propagazione nel tessuto biologico è però molto più elevata di quella del suono nell’aria e dipende dalla natura del mezzo stesso e da  altri fattori.

Come già per il suono (ed il rumore), gli ultrasuoni sono definiti da due grandezze fisiche fondamentali: l’intensità e la frequenza (vedi glossario).

Tuttavia per gli ultrasuoni, a differenza di quanto accade per il rumore e per le vibrazioni, non sono ancora state introdotte dalla normativa delle grandezze misurabili che tengano conto dell’effetto sulla salute umana di questi, per cui allo stato dell’arte ci si deve affidare solamente ad una caratterizzazione fisica del problema, basata sulla conoscenza della frequenza e dell’intensità della sorgente.

Luoghi a rischio:

Diversamente dal problema rumore che può sussistere in attività anche molto diverse tra loro, gli ultrasuoni possono trovarsi solamente in alcune attività sanitarie specialistiche, laddove siano presenti macchine in grado di generarli: nella diagnostica con immagini (ecografia) che consente di ottenere informazioni morfologiche dei tessuti (real time in bianco e nero) o funzionali relative alle velocità dei flussi sanguigni (Doppler) ed in altre applicazioni quali l’ipertermia, la litotrissia, la fisioterapia e applicazioni chirurgiche

Le applicazioni terapeutiche cui se ne dà cenno nel seguito sono quelle che espongono ad un maggiore rischio anche l’operatore.

LITOTRISSIA

Fino a pochi anni orsono l’unico metodo per eliminare i calcoli renali era costituito dall’intervento chirurgico, attualmente è invece entrata a fare parte della comune pratica clinica una tecnica alternativa basata sull’eliminazione delle concrezioni solide per mezzo di onde d’urto detta litotrissia, che si basa sul ricorso ad onde d’urto meccaniche generate all’esterno dei corpo e focalizzare sul calcolo.  Un litotritore è in generale costituito da una sorgente di onde meccaniche di elevata intensità, di un mezzo entro cui si propagano le onde d’urto e di opportuni metodi di localizzazione delle stesse.

Quando un’onda meccanica giunge su un materiale, essa provoca compressioni e trazioni interne che possono essere sufficienti a disgregarlo.

FISIOTERAPIA

In fisioterapia vengono impiegati ultrasuoni con frequenze di pochi MHz e intensità dell’ordine di 3 W/cm2.  Gli effetti che procurano un beneficio al paziente sono il calore, la stimolazione meccanica e        l’analgesia.  Il calore è generato dall’assorbimento nel tessuto dell’energia dell’onda ultrasonora e, in una tipica applicazione, viene prodotto un aumento di temperatura di qualche grado Kelvin.  Tuttavia, nel caso si tratti di una interfaccia di separazione tra tessuto molle e osso, l’assorbimento di energia è particolarmente rapido e l’aumento di temperatura che si ottiene può essere molto elevato ed addirittura dannoso.

EFFETTI BIOLOGICI

Gli effetti biologici degli ultrasuoni sono stati studiati soprattutto sui pazienti, poiché è su di essi che viene indirizzato il fascio. Riguardo gli operatori (lavoratori) non esistono ancora in letteratura studi approfonditi .

Pertanto gli effetti biologici che seguono coinvolgono in misura molto maggiore i pazienti.

Gli ultrasuoni determinano diversi effetti biologici nei tessuti che attraversano, tra i più comuni vi sono:

1. effetto termico
Quando gli ultrasuoni si propagano in un mezzo l’ampiezza dell’onda acustica si riduce progressivamente, cedendo parte della sua energia sotto forma di calore. Questo fenomeno, denominato effetto termico, dipende dalle caratteristiche del fascio ultrasonoro e da quelle del tessuto attraversato.
Sono da studiare alcune conseguenze dell’effetto termico relative al  feto, soprattutto nelle applicazioni Doppler. L’esposizione prolungata a impulsi prolungati ed impulsi ad alta frequenza possono provocare un innalzamento della temperatura significativo, specialmente a livello dell’interfaccia tra tessuti a differente impedenza acustica (es. osso/tessuti molli). L’aumento della temperatura embrionale o fetale in situ eccedente di 1.5°C le condizioni fisiologiche (37°C) è considerata azzardata e potenzialmente rischiosa.

2. effetto meccanico
Il passaggio dell’onda sonora in un tessuto determina l’oscillazione delle particelle che lo compongono alla stessa accelerazione e velocità del fascio ultrasonico. Le variazioni di pressione così prodotte generano effetti meccanici con possibile alterazioni della permeabilità delle membrane cellulari e scissione di molecole complesse (es. fibre collagene) nei tessuti attraversati.

3. effetto di cavitazione
Il fenomeno di cavitazione acustica consiste nella formazione di microbolle gassose nei liquidi attraversati dalle onde ultrasoniche che contengono gas disciolti. Le bolle gassose, generando alte pressioni, possono provocare danni ai tessuti. La possibilità di dare o meno origine a questo processo dipende dalle caratteristiche del tessuto e, in modo inversamente proporzionale, dalla frequenza ultrasonica.

Tutti gli effetti comunque sono proporzionali alla dose somministrata e quindi, in ultima analisi. sono proporzionali al prodotto dell’intensità per il tempo d’irraggiamento.

Istituzioni come la Food and Drug Administration (FDA), sia l’American Institute of Ultrasound in Medicina (AIUM), sia il National Council on Radiation Protection and Measurements (NCRP) sia la World Federation of Ultrasound in Medicina and Biology (WFUMB) hanno stabilito che valori di lspta  , intensità di picco spaziale e media temporale, al di sotto di 100mW/cm2, escludendo la possibilità di cavitazione, rendono gli altri effetti biologici non dannosi anche per una esposizione prolungata nel tempo.

SINTESI OPERATIVA:

Rischio rumore:

a)     Definizione delle grandezze fisiche che descrivono un fenomeno acustico. Differenze tra suono e rumore.

b)     Definizione delle grandezze operative che descrivono il suono e il rumore: il decibel, il LEQ

c)      Passaggio dal fenomeno acustico in sé (LEQ) alla sensazione uditiva ed al livello personale equivalente (LEP) per ogni lavoratore

d)     Identificazione e quantificazione in rumore delle principali sorgenti di rumore in ambito lavorativo (sanitario)

e)     Effetti del rumore sulla salute dell’uomo: principali patologie (ipoacusie…)

f)       Valutazione del rischio rumore: legislazione vigente in materia

g)     Principali provvedimenti di prevenzione protezione dal rischio rumore

h)     Uso e caratterizzazione dei DPI

Rischio vibrazioni:

a)   Definizione delle grandezze fisiche ed operative che descrivono le vibrazioni.

b)     Identificazione e quantificazione  in vibrazioni di alcune attività a rischio in ambito lavorativo (sanitario)

c)      Effetti delle vibrazioni sulla salute dell’uomo: principali patologie in relazione alle due tipologie di vibrazioni (mano-braccio e corpo intero)

d)     Valutazione del rischio vibrazioni: cenni alla legislazione comunitaria in materia

e)     Principali provvedimenti di prevenzione protezione dal rischio vibrazioni

Rischio ultrasuoni:

a)     Definizione delle grandezze fisiche che descrivono un fenomeno acustico. Differenze tra suono e ultrasuono.

b)     Identificazione dei luoghi e descrizione delle sorgenti di ultrasuoni in ambito sanitario

c)      Rischio per il paziente e per il lavoratore

Principali effetti degli ultrasuoni sulla salute dell’uomo: effetti termici, meccanici, cavitazione sul paziente

Norme Tecniche

UNI 7545/22 – segni grafici per segnali di pericolo: rumore.

UNI 9432 – determinazione del livello di esposizione personale al rumore negli ambienti di lavoro.

UNI 10163 – acustica: cabina per personale in ambiente di lavoro; misurazioni della perdita per trasmissione sonora; metodo di controllo.

UNI En 24869/1 – acustica, protettori auricolari, metodo soggettivo per la misura dell’attenuazione sonora

Norma Italiana CEI 29 – Classificazione CEI 29 – CT 29/87

Vocabolario di elettroacustica

Norma Italiana CEI 62-23 – Classificazione CEI 62-23 – CT 62

Apparecchi elettromedicali

Norme particolari per la sicurezza delle apparecchiature di terapia ad ultrasuoni

Norma Italiana CEI EN 61 223-2-5 – Classificazione CEI 62-58 –     CT 62

Prove di valutazione e di routine nei reparti di produzione di immagini mediche

Parte 2-5: Prove di costanza – Dispositivi per la visualizzazione delle immagini

Norma Italiana CEI EN 61 206 – Classificazione CEI 87-1 – CT 29187

Ultrasuoni, Sistemi a effetto Doppler a onda continua, Metodi di prova

GLOSSARIO

Tono: è un’oscillazione ritmica regolare e sempre identica di una determinata struttura molecolare. I diapason sono strumenti che producono un tono puro (una sola frequenza). In natura sono scarse sono le sorgenti di toni puri. Gli elementi caratteristici di un tono sono la sua altezza e la sua intensità.
L’altezza di un tono dipende dalla frequenza.
Frequenza: in un suono o in una vibrazione è il  numero di oscillazioni o vibrazioni complete nell’unità di tempo (secondo); è espressa in hertz (Hz) o in cicli per secondo (cps).
L’orecchio umano può udire frequenze tra 20 e 20000 Hz ( le frequenze tra 125 e 2500 Hz sono quelle che interessano particolarmente la comprensione del linguaggio parlato ). La frequenza corrispondente a 440 Hz (tono puro) è usata spesso nei diapason e corrisponde alla nota “la” maggiore. Sovente sono utilizzati multipli dell’hertz (kHz, kilohertz = 1000 Hz;  MHz, megahertz=1000000Hz;  GHz, gigahertz…) soprattutto per  caratterizzare le onde elettromagnetiche e gli ultrasuoni.
Intensità:  è  la quantità di energia trasportata dall’onda sonora per unità di superficie perpendicolare alla direzione di propagazione.
Si esprime in watt/m 2 o in watt/cm 2.

Pascal: è l’unità di misura della pressione nel sistema internazionale. In termini numerici 1 Pascal corrisponde alla pressione che esercita una forza di 1 Newton (corrispondente a circa 100 grammi) su 1 metro quadrato di superficie. Nella pratica comune è abitudine dare la pressione in termini di atmosfere o millibar: si tenga conto che la pressione atmosferica media al livello del mare corrisponde a 101300 Pascal e si confronti questo valore con quello dovuto al suono (compressioni che variano da 0.00002 a 100 Pa).

Rumore: (si veda anche il capitolo1) sono varie le definizioni che si possono dare, in generale si tenga presente che:

– dal punto di vista fisico il rumore è una mescolanza non razionale di suoni di frequenza e intensità diverse;

– dal punto di vista psicologico il rumore è come:

·         qualsiasi suono non desiderato;

·         fenomeno acustico producente una sensazione uditiva considerata sgradevole.

Potenza: questa grandezza fisica è riferita sempre ad una sorgente (di rumore, di ultrasuoni, ecc…) e  ne caratterizza l’energia che essa emette nell’unità di tempo (sotto forma di onda di pressione, nel nostro caso). Si esprime in Watt (W=Joule/sec) . Per esempio, dire che una sorgente emette una potenza di 10 W significa dire che in 1 secondo si ha l’emissione di 10 Joule di energia dalla sorgente, emessi sotto forma di onda di pressione.

Doppler, effetto: è un effetto fisico per cui un’onda (sonora nel nostro caso) emessa o riflessa da una sorgente viene percepita a frequenza diversa (più alta o più bassa) da un osservatore (o strumento idoneo a rilevarla) a seconda che questo si avvicini o si allontani da questa. Per richiamare un esempio classico è l’effetto per cui il suono di una sirena di un’ambulanza viene percepito più alto quando l’ambulanza si avvicina  a noi e più grave quando se ne allontana. Esiste una relazione matematica tra il cambiamento di frequenza del suono  percepito e la velocità relativa della sorgente rispetto all’osservatore: questa relazione permette di ricavare , nota la frequenza rilevata, la velocità della sorgente che emette il segnale e se questa sorgente si sta avvicinando o allontanando dall’osservatore. Notevole applicazione si ha in medicina con la flussimetria doppler, che permette di ricavare velocità e scorrimento del sangue nei vasi usando proprio il sangue come sorgente che riflette gli ultrasuoni generati da una sonda opportuna

http://www.ausl.vda.it/esterni/dipprevenzione/rum_vibra_ultra_rosso.htm

Assorbitore di onde elettromagnetiche

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Sulla base di un articolo pubblicato anni fa sul “Corriere della Salute”, scritto da Angelo de’ Micheli, è stato realizzato un piccolo prototipo di sistema per neutralizzare nocive onde elettromagnetiche a breve distanza.L’articolo in questione diceva:

Siamo circondati dallo “smog” elettromagnetico: telefoni cellulari, forni a microonde, televisori, monitor di computer, lampade al neon sono tutte fonti di deboli onde elettromagnetiche. Ma sarebbe sufficente tenere in tasca della grafite, in pratica della polvere di matita temperata, per avere sempre con noi un valido “antidoto” contro i possibili effetti nocivi di queste emissioni (cefalea, astenia, debolezza, depressione). L’ideale, anzi, sarebbe mettere la grafite in una provetta di vetro a contatto con la pelle.
E’ quanto consiglia ai suoi pazienti il professor Maurizio Riccardi, fisiologo dell’Università di Roma Tor Vergata, che spiega: Basta una normale provetta di vetro, che bisogna riempire per tre quarti, temperando una mina di matita. Ma attenzione ,non serve tenere direttamente in tasca una matita, perchè la grafite è isolata dal legno. Naturalmente, si dovrà poi avere l’accortezza di scaricare la provetta, una volta a casa a fine giornata, lasciandola, per esempio, per tutta la notte a contatto del termosifone o sui tubi dell’acqua, per “mettere a terra” le cariche elettriche.
Il professor Riccardi ricorda, inoltre, che il televisore anche spento non dovrebbe essere tenuto nella stanza dove si dorme, nè dovrebbero esserci delle luci accese, poichè emettono onde elettromagnetiche deboli che interferiscono con quelle biologiche naturali emesse dalle nostre cellule. [..]

Ogni oggetto che ha un campo elettromagnetico, sia pur debole, può compromettere la salute !! Lo prova il fatto che in Germania esistono già delle norme di legge a tutela degli utenti. Il metodo della fiala di grafite è stato sperimentato proprio in Germania, precisa il professor Riccardi, dove le provette sono addirittura in vendita, a ben 300 mila lire l’una.
Ma, in realtà, ciascuno può costruire da solo la sua fialetta protettiva, a costo zero.
In Italia sono molti i medici che hanno adottato questa precauzione: anch’io porto sempre in tasca, a scopo preventivo, la mia provetta di grafite. E’ una specie di “schermo”, capace di assorbire le frequenze elettromagnetiche: ci protegge dai microsegnali emessi, per esempio, dall’antifurto dell’automobile o da altre fonti, come il telefonino cellulare.
Abbiamo notato che molte cefalee, astenie e depressioni migliorano dopo pochi giorni se il paziente tiene con sè la grafite conclude il professor Riccardi. Perchè non approfittarne?

 
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FONTE :  http://www.hwh22.it/xit/S13_sat/dev_antiemf.html

Sezione operativa S.A.T.

Estratto da ‘Elettrosmog, inquinamento elettromagnetico prodotto dall’uomo, conoscerlo per evitarne i danni.’ Di Flavio Gazzola, NATMED EDIZIONI

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L’Elettrosmog, cioè l’inquinamento ambientale artificiale derivante da campi elettrici e magnetici prodotti dall’Uomo (elettrodotti, telefonia mobile, strumentazioni elettriche e elettroniche) e le Geopatie, cioè gli inquinamenti ambientali elettromagnetici di origine naturale, costituiscono uno dei campi più misconosciuti della Medicina.
Ho condotto dal punto di vista medico una ricerca sull’argomento iniziata nei primi anni 90, indagando con metodiche adeguate nel mio studio un numero sempre maggiore di persone che dichiaravano di sentirsi genericamente stressate e svogliate.
In quegli anni si assisteva, come del resto è avvenuto sino ad oggi, in modo quasi esponenziale, a una diffusione e un’intensità sempre maggiore delle attività umane fondate sull’impiego della elettricità e dell’elettronica, in particolare nei seguenti settori:
• Informatica, con completa computerizzazione della società
• Telefonia mobile, sempre più capillare e sempre più integrata con l’informatica
• Urbanizzazione, con passaggio di elettrodotti sempre più vicini ai centri abitati e nei centri abitati stessi, con diffusione capillare di ripetitori e cablaggio di ogni abitazione almeno nelle metropoli, ma con tendenza a un’estensione su tutto il territorio
• Elettrificazione e elettronizzazione sempre maggiore dei luoghi di lavoro, delle abitazioni e delle scuole; persino molti bambini dell’asilo sono collegati alla mamma con il cordone ombelicale del cellulare; i bambini delle elementari, oltre che alla telefonia mobile, accedono anche a Internet, eseguono videogiochi elettronici dal mattino alla sera, guardano la televisione o il computer per diverse ore al giorno.
Tutto ciò avveniva senza nessuna informazione riguardo ai possibili effetti nocivi derivanti da tale massiccia operazione di informatizzazione, elettronizzazione ed elettrificazione della società. E’ evidente che un progresso tecnologico porta con sé molti benefici, ma anche molti possibili malefici conseguenti alla sua introduzione. Pensiamo alla industrializzazione della Londra e delle grandi città europee del XIX secolo, ben rappresentata da un famoso dipinto di Monet, in cui si può ammirare la colorazione rossastra dello smog di Londra. L’industrializzazione di allora puzzava e inquinava in modo evidente l’aria, era sotto gli occhi e anche sotto il naso di tutti, oltre che nei bronchi e negli alveoli polmonari. Conseguenza ne fu, un rapido aumento delle malattie respiratorie e della tubercolosi, che è la malattia simbolo di quegli anni e dei primi decenni del XX secolo.A differenza dell’aria “industrializzata della Londra del XIX secolo, l’elettrosmog del XXI secolo non puzza, non si vede, non si tocca, non lascia le mani nere, perciò è più insidioso, perché è…
…UN NEMICO INVISIBILE
I sette sintomi principali in rapido aumento che avevo osservato erano:
• Stanchezza
• Svogliatezza
• Sonno poco riposante
• Gonfiore addominale
• Irregolarità dell’intestino
• Irregolarità mestruali
• Problemi sessuali.
La mia specialità sono i check-up elettronici, che vengono descritti più avanti in questo stesso libro: consistono nella misurazione elettrica di punti cutanei, connessi con organi e funzioni interne. In tal modo potei stabilire che ciò che accomunava tutti i casi di “stress”era un’alterazione del sistema neurovegetativo del corpo. Il sistema neurovegetativo del corpo è in pratica il sistema elettrico, che regola l’attività degli organi interni, come un impianto elettrico domestico regola l’attività degli strumenti di casa. In conclusione l’aumento dei campi elettromagnetici ambientali sovraccarica il campo elettromagnetico del corpo, producendo i sintomi dello “stress”.
Oltre ai sette sintomi principali appena sopra descritti, lo “Stress da Elettrosmog” conduce nel tempo a una serie di disturbi cronici, in particolare:
A livello mentale:
1. Stanchezza, sia fisica sia mentale, “essere tanto stanchi da non riuscire a dormire”, pigrizia, indolenza, qualsiasi compito appare gravoso, noioso, inutile, troppo difficile
2. Sonno: difficoltà ad addormentarsi, risvegli notturni, sonno poco riposante, attacchi di sonno diurni, specie dopo i pasti, pensieri ossessivi che impediscono il sonno, incubi notturni
3. Ragionamento: la capacità di ragionamento è rallentata, calcoli mentali difficoltosi, difficoltà nel prendere decisioni o decisioni impulsive irrazionali
4. Memoria: diminuita la memoria di fissazione di eventi del presente o del passato prossimo, lacune nella memoria di fatti del passato remoto, non trovare la parola per descrivere qualcosa, parola sulla punta della lingua, che non vuole uscire, riduzione di abilità acquisite, come la capacità di suonare uno strumento musicale
5. Attenzione e concentrazione: perdita di attenzione, rischio di incidenti, errori, incapacità di concentrarsi e dirigere la volontà verso il raggiungimento di uno scopo di valore
6. Umore: apatia, ansia, depressione, malinconia, paure vaghe e indistinte, fobie, manie, risentimento, facilità nell’incollerirsi, scarsa volontà di applicarsi in modo continuativo
7. Linguaggio: perdita della capacità di esprimersi in modo chiaro e fluente; inclinazione a parlare troppo in modo futile o al contrario troppo poco, espressione verbale bloccata, talora balbuzie, emozione eccessiva nell’esprimersi, specie in pubblico o in genere di fronte a persone sconosciute.
A livello fisico:
1. Digestione: la digestione non funziona, la pancia si gonfia, sensazione di peso e sonnolenza postprandiale; eruttazioni frequenti; rigurgiti acidi specie notturni. L’Elettrosmog e le Geopatie alterano sia la qualità del cibo, sia la capacità digestiva e di assimilazione intestinale
2. Intestino: diviene stitico oppure diarroico o alternativamente l’una cosa e l’altra, possono comparire emorroidi, aumentato rischio di polipi, la cui formazione è molto favorita da Elettrosmog e Geopatie
3. Endocrino. Problemi endocrini di entrambi i sessi; problemi endocrini dei bambini, soprattutto inerenti alla crescita, eccessiva o carente, per alterazione della produzione o dell’efficacia dell’ormone della crescita, a causa dei campi di disturbo elettromagnetici.
4. Invecchiamento. Complessivamente vi è un’accelerazione e un aumento di processi di invecchiamento o processi disfunzionali, legati all’attività ormonale, che risente moltissimo soprattutto nella donna dell’inquinamento da Elettrosmog e Geopatie. Aumentato rischio di demenza senile precoce, sindrome di Parkinson, Alzheimer
5. Nella donna il ciclo rallenta o accelera o diviene irregolare, dolori mestruali; aumento delle vampate nel climaterio; aumento della cellulite, della pancetta; tendenza alla formazione di noduli al seno e alla tiroide; aumentato rischio di osteoporosi
6. Nell’uomo, perdita di potenza sessuale, della libido; frequente minzione notturna; ingrossamento della prostata; perdita di potenza e continuità del getto urinario; formazione di pancetta e maniglie dell’amore. Aumentato rischio di cancro della vescica soprattutto nelle metropoli
7. Allergie: allergie soprattutto cutanee, respiratorie; allergie e intolleranze alimentari. Si sta diffondendo sempre di più il fenomeno delle allergie e intolleranze alimentari, particolarmente legate all’inquinamento da Elettrosmog.
8. Cute: alterazioni cutanee come foruncoli, macchie, orzaioli, i nei si ingrandiscono e cambiano colore, la pelle diviene secca e maleodorante o eccessivamente untuosa; formazione di macchie scure o l contrario vitiligine, con depigmentazione cutanea (la vitiligine è una malattia in cui è alterata la pigmentazione cutanea, che viene meno per effetto di complessi problemi endocrini, favoriti dall’Elettrosmog), pelle a buccia di arancio; formazione di occhiaie più intense e persistenti
9. Appetito: vi è appetito eccessivo o mancanza di appetito; appetito irregolare; il sapore dei cibi sembra essere cambiato; i cibi sembrano troppo salati o insipidi
10. Articolazioni: le articolazioni, soprattutto delle mani, cominciano a dolere, gonfiarsi, meta tarsalgie ai piedi, caviglie gonfie; facilità alle slogature, perché l’inquinamento da Elettrosmog e Geopatie
11. Arti inferiori: piedi e gambe si gonfiano, divengono dolenti, compare facilmente cellulite sulle cosce, tendenza alla insufficienza venosa e linfatica
12. Peso: il peso aumenta anche seguendo diete da fame; o al contrario diminuisce in modo inspiegabile; tendenza alla bulimia, cioè ad attacchi di fame, specie notturni o al contrario, mancanza di appetito, il cibo appare senza sapore e privo di interesse, tendenza all’anoressia; sensazione di pesantezza generale
13. Esami del sangue: mostrano un’elevazione della glicemia, del colesterolo, dei trigliceridi, a volte pur mantenendo una dieta attenta; aumento della omocisteina, sostanza fondamentale al centro del metabolismo delle proteine, degli acidi nucleici, della vitamina B; carenza di vitamine del gruppo B; stress ossidativo, con aumentato rischio di cancerogenicità; aumento del rapporto AA ( acido arachidonico)/EPA (acido eicosapentenoico), espressione di aumentato rischio di processi infiammatori, autoimmuni, allergici; comparsa o aumento di anticorpi antitiroidei soprattutto nella donna (anti-TPO-tireoperossidasi- e anti TG –antitireoglobulina), dovuti al maggior rischio derivante dall’alterazione del rapporto AA/EPA, con conseguente disfunzione tiroidea e quindi tendenza ad aumento di peso o dimagramento eccessivo
14. Vitalità: la voglia di fare, di vedere amici, di viaggiare non è più quella di una volta; diminuisce il desiderio sessuale; le prestazioni sportive e la forza e la resistenza in generale sono diminuite o si percepiscono tali
15. Aspetto: l’aspetto generale è avvizzito, invecchiato; la naturale bellezza d’aspetto, che deriva dalla salute, anziché radiosa, appare spenta, avvizzita, rugosa e disidratata come un fiore colto troppo presto, come un cibo rimasto troppo a lungo nel forno a micro- onde. In effetti l’elettrosmog e le geopatie costituiscono un vero e proprio forno a micro- onde per i tessuti viventi
16. Forza fisica: perdita di forza sia di potenza, sia di resistenza; riduzione dell’efficienza sportiva; mancanza del desiderio di praticare sport sempre praticati; nell’atleta, perdita di posizioni nelle classifiche
17. Vista, Udito e Organi di senso.
• Vista. Si assiste a una riduzione della acuità visiva; talora per certi periodi, anche di pochi minuti o poche ore, compaiono macchie scure o chiare e/o non si distinguono i contorni degli oggetti; talora momenti di visione doppia.
• Particolarmente sensibile all’Elettrosmog è il nervo ottico, che risulta frequentemente danneggiato all’inizio della malattia degenerativa nota come “Sclerosi a placche” o “Sclerosi multipla”; alterazioni visive dovute al danno del nervo ottico sono i primi segni di questa malattia, che è la più frequente e importante malattia degenerativa in cui l’inquinamento da Elettrosmog e da Geopatia hanno una parte molto importante.
• Udito: si riduce l’udito, compaiono facilmente acufeni, cioè rumori molesti alle orecchie, come fischi, eco, soffi, sfregamenti, dato che l’Elettrosmog sovraccarica l’attività elettrica del sistema visivo e uditivo, alterando la conversione dello stimolo meccanico dell’onda sonora in stimolo elettrico e alterando anche la registrazione e trasmissione di quest’ultimo.
• Gusto. Sensazione di cattivo sapore, troppo acido o troppo dolce o astringente o salato o piccante o amaro. Questi sintomi indicano difficoltà digestive, con emergere del sapore di cibi non ben digeriti. L’Elettrosmog e le Geopatie riducono la digeribilità dei cibi e la funzionalità dell’apparato digestivo.
• Olfatto. Percezione di cattivi odori o alterazione percettiva di un profumo noto, come il profumo di lavanda, che a volte viene percepito come un odore disgustoso, ma ciò può avvenire con diverse essenze profumate. Oppure al contrario vi può essere riduzione della capacità olfattiva, perché le cellule olfattorie del cervello possono facilmente essere disturbate dall’elettrosmog. Le cellule olfattorie, situate nella parte anteriore della scatola cranica, diramano dei sottili filuzzi nervosi nella parte alta delnaso.
• Questi filuzzi nervosi entrano in contatto con le molecole odorose delle essenze volatili presenti nell’aria; il contatto produce una scarica elettrica, che rappresenta una sorta di impronta digitale elettronica del profumo percepito. L’impronta digitale elettronica dell’essenza odorosa giunge alle cellule olfattorie presenti nel cervello, le quali interpretano il segnale, assegnandolo alla specifica categoria dei profumi o degli odori fastidiosi. Ma se l’impronta digitale elettronica è alterata dalla presenza di un campo di disturbo elettromagnetico da Elettrosmog, anche l’impronta digitale è alterata e le cellule olfattorie del cervello non sanno come interpretarlo o lo interpretano male, insomma non riconoscono la password del profumo e inviano alla coscienza individuale della persona colpita dall’Elettrosmog, un segnale contraddittorio o anche nessun segnale.
• Tatto: quanto accade per la vista, l’udito e l’olfatto accade anche per il tatto, in particolare viene colpita la percezione tattile dei polpastrelli, che è la più sviluppata. Sono sempre più frequenti casi di parestesie, cioè di alterazioni tattili o formicolio alle mani, specie nelle donne.
Le cause possono essere diverse, ma soprattutto compressioni dei nervi che arrivano sino alle dita principalmente a livello di:
• Vertebre cervicali, il cui avvicinamento o spostamento comprime le radici del nervo
• Triangolo degli scaleni nella parte bassa del collo (cosiddetta “sindrome degli scaleni”, che io chiamo “sindrome da sollevamento di valigia”, dovuta al sollevamento della prima costa da parte dei muscoli scaleni, quando si posiziona in alto un oggetto pesante come una valigia e in seguito il mancato riposizionamento in basso della prima costa, che comprime il fascio vascolo-nervoso del braccio),
• Omero (che io chiamo “sindrome della marcia indietro”, perché è dovuta alla contrattura dei rotatori esterni del braccio, che per esempio si azionano quando si sposta il braccio all’indietro per fare la marcia indietro in macchina e poi possono rimanere contratti)
• Gomito, per traumi o microtraumi, come nel gomito del tennista (“epicondilite”) e gomito del golfista (“epitrocleite”), che una volta si chiamava “gomito della lavandaia”
• Polso, per effetto della “sindrome del tunnel carpale”, che consiste nella compressione del nervo mediano a livello del passaggio fra avambraccio e mano, sulla parte volare, cioè quella del palmo
della mano, a causa di sforzi prolungati della mano, come afferrare oggetti pesanti, potare, fatti che causano un gonfiore dei tessuti intorno al nervo e quindi una sua compressione.
L’Elettrosmog incrementa gli effetti della compressione aumentando il gonfiore dei tessuti e dunque contribuendo in modo determinante ai disturbi del tatto chiamati “parestesie” a livello della mano, che divengono sempre più frequenti soprattutto nelle donne. Ciò che avviene è che si moltiplicano le operazioni chirurgiche per tunnel carpale, inutili nel 90% dei casi. La protezione dall’Elettrosmog può risolvere o aiutare la soluzione del problema, evitando il ricorso a un intervento chirurgico.
ALLA RICERCA DI UNA SOLUZIONE
Ciascuno di questi sintomi, sia fisici, sia mentali ha una sua patogenesi, che l’Elettrosmog e le Geopatie facilitano, quando non ne sono i principali responsabili. Perciò io cercavo una soluzione di tali problemi sia fisici, sia mentali causati e/o favoriti da Elettrosmog e Geopatie. Avevo dei successi parziali ma non soddisfacenti per la soluzione delle difficoltà poste da tale tipo di inquinamento ambientale. Con le cure naturali, in particolare l’agopuntura, i rimedi omeopatici, minerali, vitaminici, omotossicologici, fitoterapici, riuscivo e riesco a ottenere successi importanti per la cura delle malattie più difficili. Ho descritto questi casi e le possibilità di cura nel mio libro “Guarire l’Inguaribile”, Ed. Sugarco, 2007, Milano. Tuttavia uno dei problemi che mi ero posto allora, quando nei primi anni novanta, mi ero reso conto dell’importanza dell’Elettrosmog nel creare uno squilibrio neurovegetativo, era che se un paziente, il cui corpo era stato particolarmente colpito dall’Elettrosmog, continuava con le stesse abitudini (casa, lavoro, computer, cellulare, televisione, elettrodotto vicino all’abitazione, radiosveglia o strumentazione elettronica a meno di un metro dalla testa quando dorme o lavora, ecc.), i problemi di salute tendevano a ripresentarsi in quanto veniva di nuovo sovraccaricato il sistema neurovegetativo.
E il sistema neurovegetativo, ovvero l’impianto elettrico del corpo costituisce l’interruttore, che fa scattare lo squilibrio organico. Per analogia si può pensare all’impianto elettrico di casa. Se l’impianto elettrico di casa non funzionasse per qualche motivo, ci troveremmo al buio, al freddo o al caldo secondo la stagione, senza possibilità di conservare il cibo in frigorifero, senza lavatrice, lavastoviglie, radio, televisione, computer, possibilità di ricaricare il cellulare, né comunicare, non avremmo nemmeno il campanello o il citofono o il cancello elettrico del garage che funziona, nemmeno il rasoio elettrico; se abitassimo in un condominio non avremmo nemmeno l’ascensore e se avessimo le tapparelle elettriche non potremmo nemmeno chiuderle o aprirle…insomma un disastro! Mi appariva dunque necessario riabilitare il sistema neurovegetativo in modo permanente per evitare le ricadute e la cronicizzazione dei casi, eliminando il sovraccarico prodotto dall’Elettrosmog, malgrado le necessità o le abitudini di vita del paziente non fossero ideali e continuassero ad esporlo ad un alto livello di inquinamento.

introduzione ai campi ellettromagnetici

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Cosa sono i campi elettromagnetici?

Da almeno mezzo secolo a oggi si è visto che le onde elettromagnetiche sono un’arma molto efficace.
Oggi le onde elettromagnetiche vengono utilizzate in vari ambiti, uno dei principali è il settore ADT (Active Denyal Technology). Si sfruttano cioè gli effetti termici per ottenere armi non letali, di dissuasione.
Le armi ADT usano un’antenna parabolica per irradiare l’energia elettromagnetica in un fascio molto stretto; più grandi le dimensioni dell’antenna, più stretto è il fascio.

Per farla breve, si hanno effetti termici immediati (come stare in un microonde) ma non letali, a meno che uno non si avvicini ulteriormente all’antenna. Questi effetti sono momentanei e non permenenti.

Ma c’è di più. Esistono anche effetti non termici. Gli esperti hanno verificato che impulsi bassi, fino a 100 volte più bassi di quelli usati dall’ADT, provocano conseguenze a livello mentale e fisico. Gli impulsi di microonde a basse frequenze e a intervalli regolari hanno conseguenze come il sentire ronzii, fischi, e anche accelerazioni del battito cardiaco, aumento della pressione sanguigna (questo almeno alle frequenze tra 300 MHz e 10 Ghz).
Oltre a questo, si parla anche del controllo della mente umana attraverso le onde elettromagnetiche. Il cervello umano infatti emette e riceve onde elettromagnetiche alfa, beta e teta a frequenze comprese tra 5 e 16 Hz. L’unico caso pubblico è quello dell’ambasciata americana a Mosca, “bombardata” da onde elettromagnetiche a bassa frequenza.
Definizioni e sorgenti
I campi elettrici sono creati da differenze di potenziale elettrico, o tensioni: più alta è la tensione, più intenso è il campo elettrico risultante. I campi magnetici si creano quando circola una corrente elettrica: più alta è la corrente, più intenso è il campo magnetico. Un campo elettrico esiste anche se non c’è corrente. Se circola una corrente, l’intensità del campo magnetico varia con il consumo di potenza, mentre l’intensità del campo elettrico rimane costante. (Estratto dal volume Electromagnetic Fields, pubblicato dall’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS nel 1999 (Local authorities, health and environment pamphlet series; 32)).
Sorgenti naturali di campi elettromagnetici
I campi elettromagnetici sono presenti ovunque nel nostro ambiente di vita, ma sono invisibili all’occhio umano. Dei campi elettrici sono prodotti dall’accumulo locale di cariche elettriche nell’atmosfera, in occasione di temporali. Il campo magnetico terrestre fa sì che l’ago di una bussola si orienti lungo la direzione nord-sud ed è utilizzato da uccelli e pesci per la navigazione.
Sorgenti artificiali di campi elettromagnetici
Accanto alle sorgenti naturali, lo spettro elettromagnetico comprende anche campi generati da sorgenti artificiali: i raggi X, ad esempio, sono utilizzati per diagnosticare la frattura di una caviglia in seguito ad un incidente sportivo. All’elettricità fornita da una qualunque presa di corrente sono associati dei campi elettromagnetici a bassa frequenza. Infine, diversi tipi di radioonde ad alta frequenza sono usati per trasmettere informazioni, attraverso antenne televisive, impianti radiofonici o stazioni radio base per telefonia mobile.
Il concetto di lunghezza d’onda e frequenza
Cosa rende così diverse le varie forme di campi elettromagnetici?
Una delle caratteristiche principali di un campo elettromagnetico (CEM) è la sua frequenza o la corrispondente lunghezza d’onda. Campi di lunghezza d’onda diversa interagiscono col corpo umano in modo diverso. Si possono immaginare le onde elettromagnetiche come una serie di onde che viaggiano ad una velocità enorme, quella della luce. La frequenza descrive semplicemente il numero di oscillazioni, o cicli, al secondo, mentre la lunghezza d’onda rappresenta la distanza tra un’onda e la successiva. Quindi, lunghezza d’onda e frequenza sono legate in modo indissolubile: più alta è la frequenza, più breve è la lunghezza d’onda.
Una semplice analogia può aiutarci ad illustrare il concetto: legate una lunga corda a una maniglia e tenetene in mano l’estremità libera. Se muovete lentamente la corda in su e in giù, questa creerà una singola, grande onda; un movimento più rapido genererà una serie di onde più piccole. La lunghezza della corda rimane costante, quindi più onde voi create (cioè, più alta è la frequenza), più piccola risulta la distanza tra di loro (cioè, più breve è la lunghezza d’onda).
Quale è la differenza tra campi elettromagnetici non ionizzanti e radiazioni ionizzanti?
Lunghezza d’onda e frequenza determinano un’altra importante caratteristica dei campi elettromagnetici: le onde elettromagnetiche sono trasportate da particelle chiamate quanti. I quanti di frequenza più elevata (e, quindi, di lunghezza d’onda minore) trasportano più energia di quelli di frequenza più bassa (e lunghezza d’onda maggiore). Alcune onde elettromagnetiche trasportano un’energia tale da essere in grado di rompere i legami tra molecole. Nello spettro elettromagnetico, i raggi gamma emessi dai materiali radioattivi, i raggi cosmici ed i raggi X hanno questa proprietà e sono chiamati “radiazioni ionizzanti”. I campi i cui quanti hanno energia insufficiente per rompere i legami molecolari vengono invece chiamati “radiazioni non ionizzanti”. I campi elettromagnetici prodotti da sorgenti artificiali, che svolgono un ruolo di primo piano nel mondo industrializzato – elettricità, radioonde e campi a radiofrequenza – si trovano nella regione dello spettro elettromagnetico a lunghezze d’onda relativamente grandi e frequenze relativamente basse, ed i loro quanti non sono in grado di rompere i legami chimici.
Campi elettromagnetici a bassa frequenza
Campi elettrici esistono ovunque sia presente una carica elettrica positiva o negativa: Essi esercitano delle forze su altre cariche presenti entro il campo. L’intensità del campo elettrico si misura in volt al metro (V/m). Ogni condutore elettrico carico produce un campo elettrico. Il campo esiste anche se non circola alcuna corrente. Maggiore è la tensione, più alto è il campo elettrico a una determinata distanza dal conduttore.
L’intensità dei campi elettrici è massima vicino a una carica, o a un conduttore carico, e diminuisce rapidamente allontanandosi da questi. I conduttori, come ad esempio i metalli, schermano molto efficacemente i campi elettrici. Altri mezzi, come i materiali da costruzione e gli alberi, hanno una certa capacità di schermatura. Quindi, i campi elettrici prodotti all’esterno da linee ad alta tensione sono attenuati dalle pareti, dagli edifici e dagli alberi. Quando gli elettrodotti sono interrati, il campo elettrico in superficie è a malapena misurabile.
I campi magnetici derivano dal moto delle cariche elettriche. L’intensità del campo magnetico si misura in ampere al metro (A/m); in genere, nella ricerca sui campi elettromagnetici, gli scienziati usano invece un’altra grandezza a questa collegata, l’induzione magnetica (misurata in tesla, T, o nei suoi sottomultipli come il micrtotesla, μT). A differenza dei campi elettrici, un campo magnetico si produce soltanto quando un apparecchio è acceso e circola della corrente elettrica. Più alta è la corrente, maggiore è l’intensità del campo magnetico.
Come i campi elettrici, anche quelli magnetici sono massimi vicino alla loro sorgente e diminuiscono rapidamente a distanze maggiori. I campi magnetici non vengono bloccati dai materiali comuni, come le pareti degli edifici.

Campi elettrici  Campi magnetici
1. I campi elettrici derivano dalla tensione
2. La loro intensità si misura in volt al metro (V/m)
3. Un campo elettrico può essere presente anche se un apparecchio è spento
4. L’intensità del campo elettrico diminuisce con la distanza dalla sorgente
5. La maggior parte dei materiali scherma in qualche misura i campi elettrici
1. I campi magnetici derivano dalla corrente elettrica
2. La loro intensità si misura in ampere al metro (A/m). Generalmente, i ricercatori usano al suo posto una grandezza associata, l’induzione magnetica (di solito misurata in microtesla, μT, o in millitesla, mT)
3. I campi magnetici esistono solo se un apparecchio è acceso e circola una corrente
4. L’intensità del campo magnetico diminuisce con la distanza dalla sorgente
5. I campi magnetici non sono schermati dalla maggior parte dei materiali
Campi elettrici
Collegando un apparecchio a una presa si creano dei campi elettrici nello spazio circostante. Più alta è la tensione, più alto è il campo prodotto. Poiché la tensione può esistere anche se non circola corrente, non occorre che un apparecchio sia acceso perché esista un campo elettrico nello spazio circostante.
Campi magnetici
I campi magnetici si creano solo quando circolano correnti elettriche. Quindi i campi elettrici e quelli magnetici coesistono nell’ambiente. Il campo magnetico è tanto più intenso quanto maggiore è la corrente. Nella trasmissione e nella distribuzione dell’elettricità si usano tensioni elevate, mentre in casa si usano tensioni relativamente basse. Le tensioni in uso negli elettrodotti variano poco da un giorno all’altro, mentre le correnti variano con il consumo di energia.
I campi elettrici attorno ai cavi di un apparecchio cessano di esistere quando questo viene scollegato, ma esistono ancora attorno ai cavi che si trovano nel muro.
In cosa differiscono i campi statici da quelli variabili nel tempo?
Un campo statico non varia nel tempo. Una corrente continua (CC) è una corrente elettrica che scorre in un’unica direzione. In qualunque dispositivo a batteria, la corrente scorre da quest’ultima all’apparecchio per tornare poi alla batteria. Questa corrente crea un campo magnetico statico. Il campo magnetico terrestre è anch’esso un campo statico, così come il campo magnetico creato da una calamita, che può essere visualizzato osservando le figure che si creano quando si sparge della limatura di ferro attorno ad essa.
Al contrario, le correnti alternate (CA) producono campi elettromagnetici variabili nel tempo. Le correnti alternate invertono il loro verso ad intervalli regolari. Nella maggior parte dei paesi europei l’elettricità cambia verso ad una frequenza di 50 cicli al secondo, o 50 hertz. Così pure, i corrispondenti campi elettromagnetici cambiano il loro orientamento 50 volte al secondo. Nell’America settentrionale l’elettricità ha una frequenza di 60 Hz.

Quali sono le principali sorgenti di campi elettromagnetici a frequenze basse, intermedie ed alte?
I campi elettromagnetici variabili nel tempo prodotti dagli apparecchi elettrici sono un esempio di campi a frequenza estremamente bassa (ELF, extremely low frequency). I campi ELF hanno generalmente frequenze fino a 300 Hz. Altre tecnologie producono campi a frequenza intermedia (IF, intermediate frequency), con frequenze tra 300 Hz e 10 MHz e campi a radiofrequenza (RF) con frequenze da 10 MHz a 300 GHz. Gli effetti dei campi elettromagnetici sul corpo umano dipendono non solo dalla loro intensità, ma anche dalla loro frequenza. I sistemi che ci forniscono elettricità, e tutti gli apparecchi che la usano, costituiscono le principali sorgenti di campi ELF; gli schermi dei computer, i dispositivi anti-taccheggio e i sistemi i sicurezza sono le principali sorgenti di campi IF; radio, televisione, radar, antenne per la telefonia cellulare e forni a microonde sono le principali sorgenti di campi RF. Questi campi inducono nel corpo umano delle correnti elettriche che, se di intensità sufficiente, possono produrre vari effetti come riscaldamento e scosse elettriche, secondo la loro ampiezza e la loro frequenza. Comunque, per produrre effetti di questo genere i campi esterni al corpo devono essere molto intensi, notevolmente al di sopra di quelli presenti nei normali ambienti.
Campi elettromagnetici ad alta frequenza
I telefoni mobili, i trasmettitori radiotelevisivi ed i radar producono campi elettromagnetici a radiofrequenza. Questi campi sono utilizzati per trasmettere informazioni su lunghe distanze e costituiscono la base dei sistemi di telecomunicazione e di diffusione radiotelevisiva in tutto il mondo. Le microonde sono campi RF di frequenza elevata, nell’intervallo dei gigahertz (GHz). Nei forni a microonde, queste vengono sfruttate per scaldare rapidamente i cibi.
Nella regione delle radiofrequenze, i campi elettrici e quelli magnetici sono strettamente correlati e generalmente il loro livello viene misurato in termini di densità di potenza, in watt al metro quadro (W/m2).
Punti chiave:
1. Lo spettro elettromagnetico abbraccia sorgenti sia naturali sia artificiali di campi elettromagnetici.
2. La frequenza e la lunghezza d’onda caratterizzano un campo elettromagnetico. In un’onda elettromagnetica, queste due caratteristiche sono strettamente legate l’una all’altra: più alta è la frequenza, più breve è la lunghezza d’onda.
3. Le radiazioni ionizzanti, come i raggi X e gamma, consistono di fotoni che trasportano un’energia sufficiente per rompere i legami molecolari. I fotoni delle onde elettromagnetiche a frequenze industriali e a radiofrequenze hanno un’energia molto inferiore, e non hanno quindi questa capacità.
4. I campi elettrici esistono ovunque sia presente una carica e si misurano in volt al metro (V/m). I campi magnetici derivano dalla circolazione di correnti elettriche. La corrispondente induzione magnetica si misura in microtesla (μT), o in millitesla (mT).
5. Nella regione delle radiofrequenze e microonde, i campi elettrici e magnetici vengono considerati insieme, come le due componenti dell’onda elettromagnetica. La densità di potenza, misurata in watt al metro quadro (W/m2) descrive l’intensità di questi campi.
Sintesi degli effetti sanitari
Cosa succede quando siete esposti ai campi elettromagnetici?
L’esposizione a campi elettromagnetici non è un fenomeno nuovo. Tuttavia, durante il ventesimo secolo, l’esposizione ambientale a campi elettromagnetici di origine umana è costantemente aumentata in quanto la crescita della domanda di elettricità, il continuo avanzamento delle tecnologie ed i cambiamenti nei comportamenti sociali hanno creato sorgenti artificiali in misura sempre maggiore. Ognuno è esposto, sia in casa sia sul posto di lavoro, a una complessa miscela di deboli campi elettrici e magnetici dovuti alla generazione ed al trasporto di elettricità, agli elettrodomestici, agli apparati industriali, alle telecomunicazioni e all’emittenza radiotelevisiva.
Nel corpo umano esistono, anche in assenza di campi elettrici esterni, piccolissime correnti dovute a reazioni chimiche che sono parte delle normali funzioni fisiologiche,. Per esempio, i nervi si scambiano (?) segnali attraverso la trasmissione di impulsi elettrici. La maggior parte delle reazioni biochimiche, dalla digestione all’attività cerebrale, sono accompagnate da una ridistribuzione di particelle cariche. Anche il cuore è elettricamente attivo; il vostro dottore può registrarne l’attività con l’aiuto di un elettrocardiogramma.
Campi elettrici a bassa frequenza agiscono sul corpo umano, esattamente come agiscono su qualunque altro mezzo composto di particelle cariche. Quando i campi elettrici agiscono su materiali conduttori, influenzano la distribuzione delle cariche elettriche sulla loro superficie e provocano un flusso di corrente attraverso il corpo, verso la terra.
I campi elettrici a bassa frequenza agiscono sul corpo umano, esattamente come agiscono su qualunque altro mezzo composto di particelle cariche. Quando i campi elettrici agiscono su materiali conduttori, influenzano la distribuzione delle cariche elettriche sulla loro superficie e provocano un flusso di corrente attraverso il corpo, verso la terra.
I campi magnetici a bassa frequenza provocano la circolazione di correnti all’interno del corpo. L’intensità di queste correnti dipende dall’intensità del campo magnetico esterno. Se sufficientemente elevate, queste correnti possono provocare la stimolazione di nervi e muscoli o influenzare altri processi biologici. Sia i campi elettrici sia quelli magnetici inducono differenze di potenziale e correnti nel corpo ma, anche nel caso in cui si sia immediatamente al di sotto di una linea ad alta tensione, le correnti indotte sono piccolissime in confronto alle soglie necessarie per provocare scosse ed altri effetti elettrici.
Il riscaldamento è il principale effetto biologico dei campi elettromagnetici a radiofrequenza. Nei forni a microonde questa circostanza è sfruttata per riscaldare i cibi. I livelli dei campi a radiofrequenza ai quali la gente è normalmente esposta sono di gran lunga inferiori a quelli richiesti per produrre un riscaldamento significativo. Gli effetti di riscaldamento delle radioonde costituiscono la base su cui si fondano le attuali linee guida. Gli scienziati stanno indagando anche la possibilità che, al di sotto dei livelli di soglia necessari per provocare il riscaldamento corporeo, si manifestino altri effetti, legati ad esposizioni a lungo termine. A tutt’oggi, non è stata fornita conferma di alcun effetto nocivo dovuto ad esposizioni a lungo termine a bassi livelli di campi elettromagnetici, a radiofrequenza o a frequenza industriale; comunque, gli scienziati continuano attivamente le ricerche in questo settore.
Effetti biologici o sanitari

Cosa costituisce un rischio per la salute?

Gli effetti biologici sono risposte misurabili a uno stimolo o a un cambiamento ambientale. Queste risposte non sono necessariamente nocive per la salute. Ad esempio, ascoltare musica, leggere un libro, mangiare una mela o giocare a tennis producono diversi effetti biologici. Pur tuttavia, non ci si aspetta che nessuna di queste attività provochi effetti sanitari. Il nostro corpo possiede sofisticati meccanismi per adattarsi alle molteplici e diverse influenze che incontriamo nel nostro ambiente. I cambiamenti continui fanno parte normale della nostra vita. Ma, naturalmente, il corpo non possiede meccanismi di compensazione adeguati per qualunque effetto biologico. Cambiamenti irreversibili, o che sottopongano il sistema a stress per lunghi periodi di tempo, possono costituire un rischio per la salute.

Un effetto nocivo provoca un danno rilevabile alla salute del soggetto esposto o a quella della sua prole; un effetto biologico, dal canto suo, può tradursi o meno in un effetto di danno alla salute. E’ fuori di dubbio che, al di sopra di certi livelli, i campi elettromagnetici possono innescare degli effetti biologici. Esperimenti condotti su volontari sani indicano che esposizioni di breve durata, ai livelli di campo presenti nell’ambiente o in casa, non provocano alcun effetto nocivo evidente. Esposizioni a livelli più elevati, che potrebbero essere pericolose, sono prevenute dalle linee guida nazionali ed internazionali. Il dibattito attuale si concentra sulla possibilità o meno che l’esposizione prolungata a bassi livelli di campo possa sollecitare risposte biologiche e influenzare lo stato di benessere delle persone.
Preoccupazioni per la salute
Uno sguardo ai titoli giornalistici degli ultimi anni fornisce un’idea delle diverse aree di preoccupazione del pubblico. Nel corso dell’ultimo decennio, interrogativi per la salute sono stati sollevati a proposito di numerose sorgenti di campi elettromagnetici, tra cui linee ad alta tensione, forni a microonde, schermi di computer e televisori, sistemi di sicurezza, radar e, più recentemente, telefoni mobili e relative stazioni radio base.
Il Progetto internazionale CEM
In risposta ai crescenti interrogativi su possibili effetti sanitari delle sorgenti di campi elettromagnetici, il cui numero e la cui varietà vanno continuamente aumentando, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha avviato nel 1996 un grande piano di ricerca multidisciplinare. Il Progetto internazionale CEM mette insieme conoscenze e risorse che sono attualmente disponibili presso le maggiori agenzie ed istituzioni scientifiche internazionali e nazionali.
Conclusioni della ricerca scientifica
Negli ultimi 30 anni, sono stati pubblicati circa 25.000 articoli scientifici nel settore degli effetti biologici e delle applicazioni mediche delle radiazioni non ionizzanti. Sebbene alcuni abbiano la sensazione che si debbano svolgere ancora più ricerche, le conoscenze scientifiche in questo campo sono oggi più ampie che per la maggior parte degli agenti chimici. Sulla base di una recente ed approfondita rassegna della letteratura scientifica, l’OMS ha concluso che le evidenze attuali non provano che l’esposizione a bassi livelli di campi elettromagnetici abbia alcuna conseguenza sulla salute. Esistono comunque alcune lacune nelle conoscenze sugli effetti biologici, che richiedono ulteriori ricerche.
Effetti sulla salute generale
Alcuni individui del pubblico hanno attribuito una gran varietà di sintomi all’esposizione a bassi livelli di campo elettromagnetico in casa. Questi sintomi comprendono mal di testa, ansia, suicidio e depressione, nausea, stanchezza e perdita della libido. Al momento, le evidenze scientifiche non suffragano un legame tra questi sintomi e l’esposizione a campi elettromagnetici. Almeno alcuni di questi problemi sanitari possono essere causati dal rumore o da altri fattori ambientali, oppure da ansie legate alle nuove tecnologie.
Effetti sulla gravidanza
L’OMS ed altre organizzazioni internazionali hanno esaminato molte, e diverse, sorgenti di esposizione a campi elettromagnetici in ambienti di vita e di lavoro, tra cui schermi di computer, letti ad acqua e coperte elettriche, saldatrici a radiofrequenza, apparati per diatermia e radar. Il bilancio complessivo delle evidenze mostra che l’esposizione a campi elettromagnetici ai tipici livelli ambientali non accresce il rischio di alcun effetto nocivo, come aborti spontanei, malformazioni, peso ridotto alla nascita e malattie congenite. Vi sono state segnalazioni occasionali di associazioni tra problemi sanitari e presunte esposizioni a campi elettromagnetici, nonché segnalazioni di parti prematuri e di peso ridotto alla nascita per figli di lavoratori dell’industria elettrica, ma la comunità scientifica non ha ritenuto che questi effetti fossero necessariamente causati dall’esposizione ai campi (piuttosto che da altri fattori, come l’esposizione a solventi).
Cataratte
Sono state talvolta segnalate irritazioni agli occhi e cataratte in lavoratori esposti ad alti livelli di radiazione a radiofrequenze e microonde, ma gli studi su animali non confortano l’idea che queste forme di danno all’occhio possano prodursi a livelli che non siano pericolosi dal punto di vista termico. Non c’è alcuna evidenza che simili effetti si verifichino ai livelli sperimentati dal pubblico generico.
Campi elettromagnetici e cancro
Nonostante molti studi, le evidenze di effetti cancerogeni di qualsiasi genere restano molto controverse. E’ comunque chiaro che, se i campi elettromagnetici avessero effettivamente un effetto sul cancro, l’aumento di rischio, di qualunque tipo, sarebbe estremamente basso. I risultati ottenuti fino ad oggi presentano molte incongruenze, ma non si è comunque trovato nessun aumento consistente di rischio per nessuna forma di cancro, né nei bambini né negli adulti.
Un certo numero di studi epidemiologici suggerisce piccoli aumenti di rischio di leucemia infantile, associati all’esposizione a campi magnetici a bassa frequenza nelle abitazioni. Però, gli scienziati non sono in genere giunti alla conclusione che questi risultati riflettano una relazione di causa ed effetto tra l’esposizione ai campi e la patologia (piuttosto che essere dovuti ad artefatti nello studio o riguardare effetti non collegati all’esposizione ai campi). A questa conclusione si è giunti, in parte, perché gli studi su animali e quelli di laboratorio non hanno provato alcun effetto riproducibile che sia coerente con l’ipotesi che i campi elettromagnetici causino o promuovano il cancro. In numerosi paesi sono in corso studi su larga scala che possono aiutare a chiarire questi punti.
Ipersensibilità ai campi elettromagnetici e depressione
Alcuni individui denunciano una “ipersensibilità” ai campi elettrici e magnetici. Queste persone chiedono di sapere se fastidi e dolori, mal di testa, depressione, letargia, disordini del sonno, ed anche convulsioni e crisi epilettiche, possano essere associati all’esposizione a campi elettromagnetici.
Vi è ben poca evidenza scientifica che sostenga l’idea di un’ipersensibilità ai campi elettromagnetici. Recenti studi scandinavi hanno trovato che, in condizioni di esposizione appropriatamente controllate, i soggetti non presentano reazioni coerenti. Per di più, non esiste alcun meccanismo biologico accettato che spieghi l’ipersensibilità. La ricerca su questo tipo di individui è difficile perché possono entrare in gioco, oltre agli effetti diretti dei campi, molte altre risposte soggettive. Ulteriori studi sulla materia sono in corso.
Obiettivi delle ricerche attuali e future
Notevoli sforzi sono in corso per approfondire gli studi sulle connessioni tra campi elettromagnetici e cancro. Le ricerche su possibili effetti cancerogeni dei campi a frequenza industriale proseguono, seppure a un livello inferiore a quello degli ultimi anni ’90.
Gli effetti sanitari a lungo termine dell’uso di telefoni mobili costituiscono attualmente un altro settore di intensa ricerca. Non è stato scoperto nessun ovvio effetto nocivo legato a bassi livelli di campi a radiofrequenza. Tuttavia, date le preoccupazioni del pubblico per la sicurezza dei telefoni cellulari, ulteriori ricerche mirano a stabilire se, a livelli di esposizione molto bassi, possano verificarsi effetti meno ovvi.
Punti chiave
1. Esiste una gran varietà di fattori ambientali che provocano effetti biologici. “Effetto biologico” non è sinonimo di “danno alla salute”. Per identificare e misurare i rischi sanitari occorrono ricerche specifiche.
2. A basse frequenze, i campi elettrici e magnetici esterni inducono la circolazione di deboli correnti nel corpo. Praticamente in tutti i normali ambienti, i livelli delle correnti indotte nel corpo sono troppo bassi per dar luogo a effetti sanitari ovvi. Il principale effetto dei campi elettromagnetici a radiofrequenza è il riscaldamento dei tessuti corporei.
3. E’ indubbio che esposizioni di breve durata a livelli molto alti di campo elettromagnetico possano essere pericolose per la salute. Le attuali preoccupazioni del pubblico si concentrano su possibili effetti a lungo termine causati da esposizioni a campi elettromagnetici di livello inferiore a quelli richiesti per attivare risposte biologiche immediate.
4. Il progetto internazionale CEM dell’OMS è stato promosso per fornire risposte scientificamente fondate ed oggettive agli interrogativi del pubblico sui possibili rischi legati a campi elettromagnetici di bassa intensità.
5. Nonostante le ampie ricerche, a tutt’oggi non vi sono evidenze che portino a concludere che l’esposizione a bassi livelli di campi elettromagnetici sia dannosa per la salute umana.
6. La ricerca internazionale è concentrata sull’esame di possibili connessioni tra cancro e campi elettromagnetici, a frequenze industriali e a radiofrequenza.
Sviluppi della ricerca
Se i campi elettromagnetici costituiscono effettivamente un rischio sanitario, vi saranno conseguenze in tutti i paesi industrializzati. Il pubblico richiede risposte concrete a una domanda sempre più pressante: se i campi elettromagnetici incontrati nella vita quotidiana provochino effetti nocivi per la salute. I mezzi di informazione sembrano spesso avere risposte definitive. Si dovrebbero però valutare con prudenza le loro affermazioni, tenendo presente che il principale interesse dei mezzi di informazione non è quello di istruire. Nella scelta e nella presentazione di una storia, un giornalista può essere motivato da diverse ragioni non tecniche: i giornalisti sono in competizione tra loro, sia sul tempo sia sulle aree da coprire, e i vari giornali lottano per il maggior numero di copie vendute. I titoli sensazionali, che colpiscano il maggior numero possibile di persone, li aiutano a raggiungere questi obiettivi: le cattive notizie non solo notizie grosse, ma spesso sono le sole che ascoltiamo. Il gran numero di ricerche che suggeriscono che i campi elettromagnetici sono innocui ricevono perciò scarsa attenzione, o non ne ricevono affatto. La scienza non può fornire la garanzia di un’assoluta innocuità; i risultati della ricerca sono però, nel loro complesso, rassicuranti.
Sono necessari diversi tipi di studi
Per poter valutare i potenziali effetti nocivi dei campi elettromagnetici è necessaria una combinazione di studi, in aree di ricerca diverse. I differenti tipi di studi indagano diversi aspetti del problema. Le ricerche di laboratorio su sistemi cellulari mirano a chiarire i meccanismi fondamentali sottostanti ad un eventuale collegamento tra esposizione a campi elettromagnetici e effetti biologici. Queste ricerche cercano di identificare dei meccanismi che si basino su modificazioni indotte dai campi elettromagnetici a livello molecolare o cellulare; queste modificazioni potrebbero fornire indizi sul modo in cui una forza fisica viene convertita in un’azione biologica all’interno del corpo. In questi studi, singole celle o tessuti vengono rimossi dal loro normale ambiente di vita, che potrebbe inattivare (?) eventuali meccanismi di compensazione.
Un altro tipo di ricerche, cioè quelle su animali, è più strettamente collegato a situazioni della vita reale. Queste ricerche forniscono dati di più diretta rilevanza per poter stabilire dei livelli di esposizione sicura per l’uomo. Spesso, si impiegano diversi livelli di campo per analizzare le relazioni dose-risposta.
Gli studi epidemiologici, ovvero gli studi sull’uomo, costituiscono un’altra fonte di informazione diretta sugli effetti a lungo termine dell’esposizione. Questi studi indagano cause distribuzioni delle patologie in situazioni della vita reale, entro date comunità e gruppi professionali. I ricercatori cercano di stabilire se esista un’associazione statistica tra esposizione a campi elettromagnetici e incidenza di una specifica patologia, o di altri specifici effetti nocivi. Le indagini epidemiologiche sono però costose. Cosa ancora più importante, esse comportano misure su popolazioni umane molto complesse ed è quindi difficile raggiungere un grado di controllo che consenta di rivelare piccoli effetti.
Per queste ragioni, quando debbono decidere su eventuali rischi per la salute, gli scienziati valutano tutti i dati significativi, forniti dagli studi epidemiologici, da quelli su animali e da quelli su cellule.
Interpretazione degli studi epidemiologici
Gli studi epidemiologici da soli non possono in genere stabilire una chiara relazione di causa ed effetto, soprattutto perché essi rilevano solamente delle associazioni statistiche tra esposizione e patologie, le quali ultime possono o meno essere causate dall’esposizione stessa. Si immagini in proposito un ipotetico studio che segnalasse un legame tra l’esposizione a campi elettromagnetici dei lavoratori della ditta “X-Elettricità” ed un aumento del rischio di cancro. Un’associazione statistica è effettivamente osservata, ma questa potrebbe anche essere dovuta ad altri fattori presenti nel posto di lavoro e su cui si hanno dati incompleti. Ad esempio, i lavoratori potrebbero essere stati esposti a solventi chimici potenzialmente cancerogeni. Inoltre, l’osservazione di un’associazione potrebbe essere dovuta soltanto a effetti statistici, oppure lo studio stesso potrebbe avere delle carenze di progetto.
Quindi, trovare un’associazione tra un certo agente e una specifica patologia non significa necessariamente che il primo abbia causato la seconda. Per stabilire una causalità occorre che il ricercatore esamini molti fattori. L’ipotesi di una relazione di causa ed effetto è rafforzata se esiste una forte associazione tra esposizione ed effetto, una chiara relazione dose-risposta, una spiegazione biologica credibile, il sostegno di pertinenti studi su animali e soprattutto una coerenza tra gli studi. Tali fattori sono in genere risultati assenti negli studi che riguardavano campi elettromagnetici e cancro. Questa è una delle ragioni più forti per le quali gli scienziati sono generalmente riluttanti a concludere che deboli campi elettromagnetici provochino degli effetti sanitari.
Difficoltà nell’escludere la possibilità di rischi molto piccoli
“L’assenza di prove di effetti nocivi non sembra sufficiente nella società moderna. Si pretende invece sempre di più la prova della loro assenza” (Barnabas Kunsch, Centro Austriaco di Ricerca di Seibesdorf).
“Non c’è nessuna evidenza convincente di un effetto nocivo dei campi elettromagnetici”, oppure “Non è stata confermata una relazione di causa ed effetto tra campi elettromagnetici e cancro” sono esempi tipici delle conclusioni raggiunte dai comitati di esperti che hanno analizzato il problema. Ciò dà l’impressione che la scienza voglia evitare di dare una risposta. Ma perché la ricerca dovrebbe continuare, se gli scienziati hanno già mostrato che non c’è alcun effetto?
La risposta è semplice: gli studi sull’uomo sono ottimi per identificare grandi effetti, come la connessione tra fumo e cancro, Purtroppo, sono molto meno in grado di distinguere un piccolo effetto dalla mancanza di effetti. Se i campi elettromagnetici, ai tipici livelli ambientali, fossero potenti cancerogeni, sarebbe stato molto facile dimostrarlo. E’ però molto più difficile dimostrare se i campi elettromagnetici di bassa intensità sono un debole cancerogeno, o se sono un potente cancerogeno ma solo per un piccolo gruppo di persone all’interno di una comunità più vasta. Infatti, anche nel caso in cui uno studio di ampie proporzioni non mostri alcuna associazione, non potremo mai essere del tutto sicuri che non esista nessuna relazione. L’assenza di un effetto potrebbe significare che effettivamente non ne esiste alcuno, ma potrebbe altrettanto bene significare che
l’effetto è semplicemente non rivelabile con il nostro metodo di misura. Quindi, i risultati negativi sono generalmente meno convincenti di quelli fortemente positivi.
La situazione più difficile di tutte, che purtroppo si è verificata con gli studi epidemiologici sui campi elettromagnetici, è quella in cui un complesso di studi fornisce deboli risultati positivi, che sono però incoerenti tra loro. In questa situazione, è verosimile che gli stessi scienziati si dividano sulla significatività dei dati. Comunque, per le ragioni esposte in precedenza, la maggior parte degli scienziati e dei medici concordano che qualunque tipo di effetto sanitario dei campi elettromagnetici di bassa intensità, ammesso che esista effettivamente, è probabilmente piccolissimo rispetto agli altri rischi che si incontrano nella vita quotidiana.
Cosa è prevedibile in futuro?
Lo scopo del Progetto Internazionale CEM dell’OMS è promuovere e coordinare la ricerca a livello mondiale, per fornire risposte ben fondate agli interrogativi del pubblico. Per questa valutazione verranno messi assieme i risultati delle ricerche su cellule, su animali e sull’uomo, al fine di consentire una stima più completa possibile dei rischi per la salute. La valutazione d’insieme di una gran varietà di studi significativi ed affidabili fornirà la risposta più attendibile sugli effetti nocivi dell’esposizione a lungo termine a deboli campi elettromagnetici, qualora qualche effetto esista.
Un modo per illustrare come siano necessari dati forniti da diversi tipi di esperimenti è dato dalle parole crociate mostrate in figura. Per poter dire di avere ACCERTATO quale è la soluzione, bisogna rispondere a nove domande. Ammettendo di poter rispondere soltanto a tre di esse, potremmo tentare di indovinare la soluzione. Però, le tre lettere date potrebbero far parte di una parola completamente diversa. Ogni ulteriore risposta aumenterà il nostro grado di confidenza. Infatti, la scienza non sarà probabilmente mai in grado di rispondere a tutte le domande, ma più solidi sono i dati che raccogliamo, maggiore sarà la probabilità di indovinare la soluzione.

Punti chiave
1. Gli studi di laboratorio su cellule tendono a stabilire se esista un meccanismo attraverso il quale l’esposizione a campi elettromagnetici potrebbe causare effetti biologici dannosi. Gli studi su animali sono essenziali per accertare effetti in organismi superiori, la cui fisiologia somigli in qualche misura a quella dell’uomo. Gli studi epidemiologici osservano le associazioni statistiche tra l’esposizione ai campi e l’incidenza di specifici effetti nocivi nell’uomo.
2. La scoperta di un’associazione statistica tra un certo agente e una specifica patologia non significa che l’agente abbia causato la malattia.
3. L’assenza di effetti sanitari potrebbe significare che non ne esistono, ma potrebbe anche significare che un effetto esistente non è rilevabile con i metodi attuali.
4. Prima di poter trarre conclusioni sui possibili rischi per la salute di un fattore ambientale sospetto si devono considerare, nel loro insieme, i risultati di diversi studi (cellulari, su animali e epidemiologici). Dati coerenti forniti da questi studi molto diversi aumentano il grado di certezza che un vero effetto esista.
Tipici livelli di esposizione in casa e nell’ambiente
Campi elettromagnetici in casa
Livelli di fondo dei campi elettromagnetici generati da linee di trasmissione e da impianti di distribuzione.
L’elettricità viene trasportata su lunghe distanze attraverso linee ad alta tensione. I trasformatori abbassano queste alte tensioni per la distribuzione locale ad abitazioni e uffici. Gli impianti per la trasmissione e la distribuzione, nonché i circuiti degli edifici e gli apparati domestici sono responsabili dei livelli di fondo di campo elettrico e magnetico a frequenza industriale in casa. Nelle abitazioni non situate vicino ad elettrodotti il livello di fondo dell’induzione magnetica può arrivare fino a circa 0,2 μT.
Direttamente al di sotto delle linee i campi sono molto più intensi. L’induzione magnetica al livello del suolo può arrivare fino a diversi microtesla. I livelli di campo elettrico al di sotto degli elettrodotti possono raggiungere i 10 kV/m. Comunque i campi (sia elettrici sia magnetici) decadono con la distanza dalla linea. A distanze comprese tra 50 e 100 metri le intensità dei campi sono normalmente al livello di quelle che si incontrano lontano dalle linee ad alta tensione. Inoltre, le pareti dell’abitazione riducono sostanzialmente i livelli del campo elettrico rispetto a quelli che si incontrano in aree analoghe, all’esterno delle case.
Apparati elettrici in casa
Le massime intensità di campo elettrico a potenza industriale si trovano solitamente al di sotto di linee ad alta tensione. Invece, i più intensi campi magnetici a frequenza industriale si trovano nelle immediate vicinanze di motori ed altri dispositivi elettrici, nonché in apparati specialistici come i tomografi a risonanza magnetica utilizzati nella diagnostica per immagini.
Tipiche intensità di campo elettrico misurate in prossimità di apparecchiature domestiche (alla distanza di 30 cm)
(Fonte: Ufficio Federale per la Sicurezza dalle Radiazioni, Germania, 1999)
Apparecchiatura elettrica
Intensità del campo elettrico (V/m)

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Molte persone sono sorprese quando si rendono conto della varietà dei livelli di campo magnetico che si incontrano vicino ai diversi apparati. L’intensità del campo non dipende da quanto l’apparecchio è grande, complesso, potente o rumoroso. Inoltre, anche tra dispositivi apparentemente simili l’intensità del campo magnetico può variare moltissimo. Ad esempio, mentre alcuni asciugacapelli sono circondati da un campo magnetico molto intenso, altri lo producono a malapena. Queste differenze sono legate alle caratteristiche di progetto del prodotto. La tabella che segue mostra i valori tipici di diversi dispositivi che si trovano normalmente nelle abitazioni e nei posti di lavoro. Le misure sono state effettuate in Germania e tutti gli apparecchi funzionano alla frequenza di 50 Hz. Si deve anche notare che i livelli di esposizione effettivi variano notevolmente secondo il modello dell’apparecchio e la distanza da questo.
Tipiche intensità del campo magnetico prodotto da dispositivi domestici a varie distanze
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(Fonte: Ufficio Federale per la Sicurezza dalle Radiazioni, Germania, 1999).
Le distanze di normale funzionamento sono indicate in grassetto
La tabella illustra due punti fondamentali. Innanzi tutto, l’intensità del campo magnetico attorno agli apparati diminuisce rapidamente quanto più ci si allontana da questi. In secondo luogo, la maggior parte degli apparecchi non si usano molto vicino al corpo. Alla distanza di 30 cm il campo magnetico che circonda la maggior parte degli apparecchi domestici è oltre 100 volte minore del limite di 100 μT a 50 Hz (83 μT a 60 Hz) fissato dalle linee guida per i membri del pubblico.
Televisori e schermi di computer
Gli schermi di computer ed i televisori funzionano in base a principi simili. Entrambi producono campi elettrici statici e campi elettrici e magnetici alternati a varie frequenze. Comunque, gli schermi a cristalli liquidi usati in alcuni computer portatili e da tavolo non danno luogo a campi elettrici e magnetici significativi. I computer moderni hanno schermi conduttori che riducono il campo elettrostatico a livelli simili a quelli di fondo in ambienti domestici o lavorativi. Nella postazione dell’operatore (da 30 a 50 cm dallo schermo) i campi magnetici alternati sono tipicamente al di sotto di 0,7 μT come valore dell’induzione magnetica (a frequenza industriale). L’intensità del campo elettrico alternato nella posizione dell’operatore varia da meno di 1 V/m a 10 V/m.
Forni a microonde
I forni a microonde domestici funzionano a livelli di potenza molto elevati. Tuttavia, un’efficace schermatura riduce le perdite all’esterno del forno a livelli quasi non misurabili. Inoltre, le perdite di microonde si riducono molto rapidamente all’aumentare della distanza dal forno. Molti paesi hanno norme di fabbricazione che specificano i massimi livelli di perdita ammessi per i forni nuovi; un forno che rispetti queste norme non presenta alcun rischio per i consumatori.
Telefoni portatili
I telefoni portatili funzionano a intensità molto più basse di quelli mobili. Ciò è dovuto al fatto che essi vengono usati molto vicino alle loro stazioni radio base domestiche e quindi non richiedono campi intensi per trasmettere su lunghe distanze. Di conseguenza, i campi a radiofrequenza attorno a questi apparecchi sono trascurabili.
Campi elettromagnetici nell’ambiente
Radar
I radar sono usati per la navigazione, per le previsioni meteorologiche, per applicazioni militari e per una varietà di altre funzioni. I radar emettono segnali a microonde pulsati. La potenza di picco in un impulso può essere elevata, anche se la potenza media può essere bassa. Molti radar ruotano o si muovono in alto e in basso; questo riduce la densità di potenza media a cui il pubblico è esposto nelle vicinanze. Anche i radar militari di alta potenza, non rotanti, limitano le esposizioni nelle aree di accesso pubblico al di sotto dei livelli indicati dalle linee guida.
Sistemi di sicurezza
I sistemi anti-taccheggio dei negozi utilizzano delle etichette, che vengono riconosciute da bobine elettriche all’uscita. Quando si effettua un acquisto, l’etichetta viene tolta o disattivata permanentemente. In genere, i campi elettromagnetici generati dalle bobine non superano i livelli raccomandati dalle linee guida. I sistemi per il controllo degli accessi
funzionano nello stesso modo, con l’etichetta incorporata nell’anello di una chiave o in una scheda identificativa. I sistemi di sicurezza delle biblioteche usano etichette che possono essere disattivate quando un libro viene preso in prestito e riattivate quando viene restituito. I metal detector ed i sistemi di sicurezza degli aeroporti creano un intenso campo magnetico, che può raggiungere i 100 μT e che viene disturbato dalla presenza di un oggetto metallico. Vicino al telaio del rilevatore, l’intensità del campo magnetico può avvicinarsi ai valori limite delle linee guida e talvolta superarli. Ciò non costituisce però un pericolo per la salute, come discusso nella sezione relativa alle linee guida (si veda la sezione “Esposizioni al di sopra dei valori delle linee guida sono pericolose?”).
Treni e tram elettrici
I treni a lunga percorrenza hanno una o più locomotive separate dai vagoni passeggeri. L’esposizione dei passeggeri deriva soprattutto dal sistema di alimentazione del treno. I campi magnetici nelle carrozze passeggeri deitreni a lunga percorrenza possono raggiungere diverse centinaia di microtesla vicino al pavimento, mentre nelle altre zone del compartimento presentano valori più bassi (decine di microtesla). L’intensità del campo elettrico può raggiungere i 300 V/m. Le persone che vivono vicino a linee ferroviarie possono essere soggette a campi magnetici dovuti alle linee aeree di alimentazione; secondo i paesi, questi campi possono essere confrontabili con quelli prodotti dalle linee ad alta tensione.
I motori di sistemi di trazione dei treni e dei tram sono normalmente collocati sotto il pavimento delle carrozze passeggeri. Al livello del pavimento, l’intensità del campo magnetico può raggiungere le decine di microtesla, nelle zone immediatamente sopra il motore. I campi diminuiscono rapidamente con la distanza dal pavimento e l’esposizione delle parti superiori del corpo è molto inferiore.
TV e radio
Quando scegliete una stazione radiofonica sul vostro apparecchio, vi siete mai chiesti cosa significhino le familiari abbreviazioni AM e FM? I segnali radio vengono indicati come segnali a modulazione di ampiezza (AM, amplitude-modulated) o a modulazione di frequenza (FM, frequency-modulated), secondo il modo in cui trasportano l’informazione. I segnali AM possono essere usati per trasmettere su distanze molto lunghe, mentre quelli FM coprono aree più ristrette, ma possono fornire un suono di qualità migliore.
I segnali radio AM sono trasmessi mediante grandi schiere di antenne, che possono essere alte decine di metri e sono collocate in aree non accessibili al pubblico. Molto vicino alle antenne e ai cavi di alimentazione le esposizioni possono essere elevate, ma riguardano i lavoratori addetti alla manutenzione piuttosto che il pubblico in generale.
Le antenne televisive e quelle delle radio FM sono molto più piccole di quelle delle radio AM e sono montate a schiera in cima ad alti tralicci, che servono solo come strutture di sostegno. Piccole antenne per televisioni e radio locali sono talvolta montate sui tetti delle abitazioni; in questo caso, può essere necessario controllare l’accesso al tetto.
Telefoni mobili e loro stazioni radio base
I telefoni mobili consentono alle persone di essere raggiunte in qualsiasi momento. Questi sistemi a radioonde di bassa potenza trasmettono e ricevono segnali da una rete di stazioni radio base fisse, di bassa potenza. Ogni stazione radio base fornisce copertura a una determinata area. Secondo il numero di chiamate servite, le stazioni radio base possono essere spaziate dapo che centinaia di metri nelle grandi città a diversi chilometri in aree rurali.
Le stazioni radio base sono generalmente montate sui tetti degli edifici o su tralicci, ad altezze variabili tra 15 e 50 metri. I livelli delle trasmissioni di una specifica stazione radio base sono variabili e dipendono dal numero di chiamate e dalla distanza dell’utente dalla stazione stessa. Le antenne emettono un fascio di radiazioni molto stretto, che si allarga quasi parallelamente al terreno. Quindi, i campi a radiofrequenza al livello del suolo ed in aree normalmente accessibili al pubblico,sono molte volte al di sotto dei livelli pericolosi. I limiti delle linee guida sarebbero superati soltanto se una persona si avvicinasse fino a un metro o due, direttamente di fronte all’antenna. Fino a quando i telefoni mobili sono diventati di largo uso, i membri del pubblico erano esposti soprattutto a campi a radiofrequenza emessi da stazioni radio e TV. Ancora oggi, le antenne telefoniche aggiungono poco alla nostra esposizione complessiva, perché nelle aree di pubblico accesso le intensità dei loro segnali sono normalmente simili, o inferiori, a quelle dovute a stazioni radio e televisive distanti.
Però, chi usa un telefono mobile è esposto a campi a radiofrequenza molto più alti di quelli che si trovano generalmente nell’ambiente. I telefoni mobili vengono usati molto vicino alla testa; quindi, piuttosto che considerare l’effetto di riscaldamento sull’intero corpo, si deve stabilire come l’energia assorbita si distribuisca nella testa dell’utente. Da sofisticati programmi di simulazione al computer e da misure effettuate su modelli della testa risulta che l’energia assorbita da parte di un telefono mobile non supera i limiti delle attuali linee guida.
Sono stati sollevati interrogativi anche su altri effetti, cosiddetti non termici, derivanti dall’esposizione a campi elettromagnetici che abbiano le frequenze tipiche della telefonia mobile. Tra gli altri, sono stati suggeriti sottili effetti sulle cellule, che potrebbero svolgere un ruolo nello sviluppo del cancro. Sono stati anche ipotizzati effetti su tessuti elettricamente eccitabili, che potrebbero influenzare la funzionalità del cervello, nonché effetti sui tessuti nervosi. Tuttavia, i dati finora disponibili non suggeriscono, nel loro complesso, che l’uso di telefoni mobili abbia alcun effetto nocivo sulla salute umana.
Campi magnetici nella vita quotidiana: sono veramente così alti?
Negli ultimi anni, le autorità nazionali di diversi paesi hanno condotto molte misure per indagare i livelli di campo elettromagnetico negli ambienti di vita. Nessuna di queste campagne di misura ha concluso che i livelli dei campi potessero causare danni alla salute.
L’Ufficio Federale per la Sicurezza dalle Radiazioni della Germania ha recentemente misurato l’esposizione quotidiana a campi magnetici di circa 2000 persone, coprendo una vasta gamma di esposizioni professionali e residenziali. A tutti i soggetti sono stati forniti dosimetri personali per 24 ore. L’esposizione misurata variava notevolmente, ma la media giornaliera risultava di 0,10 μT. Questo valore è 1000 volte inferiore al limite di 100 μT per il pubblico e 200 volte inferiore al limite di 500 μT per i lavoratori. Inoltre, i dati delle persone che vivevano al centro delle città mostravano che non vi erano drastiche differenze di esposizione tra la vita in aree rurali e la vita in città. Anche l’esposizione delle persone che vivono vicino a linee ad alta tensione differisce molto poco dall’esposizione media della popolazione.
Punti chiave
1. I livelli di fondo dei campi elettromagnetici in casa sono dovuti soprattutto ai sistemi di trasmissione e di distribuzione dell’elettricità o agli apparecchi elettrici.
2. Gli apparecchi elettrici differiscono molto nell’intensità dei campi che generano. I livelli dei campi, sia elettrici sia magnetici, diminuiscono rapidamente con la distanza dagli apparecchi. In qualunque circostanza, i campi attorno agli apparecchi domestici sono abitualmente molto al di sotto dei limiti stabiliti dalle linee guida.
3. Nella postazione degli operatori, i campi elettrici e magnetici degli apparecchi televisivi e degli schermi dei computer sono centinaia o migliaia di volte inferiori ai limiti stabiliti dalle linee guida.
4. I forni a microonde che rispettano le norme non sono pericolosi per la salute.
5. Fintantoché viene impedito l’accesso del pubblico nelle vicinanze di radar, antenne di trasmissione e stazioni radio base per la telefonia mobile, i limiti di esposizione ai campi a radiofrequenza stabiliti dalle linee guida non vengono superati.
6. L’utente di un telefono mobile sperimenta livelli di campo elettromagnetico molto superiori a qualunque livello incontrato nei normali ambienti di vita.
7. Molte campagne di misura hanno dimostrato che l’esposizione a campi elettromagnetici negli ambienti di vita è estremamente bassa.
Normative attuali
Le normative vengono stabilite per proteggere la nostra salute; sono ben note quelle fissate per molti additivi alimentari, per la concentrazione di sostanze chimiche nell’acqua o per gli inquinanti atmosferici. Analogamente, esistono norme per limitare l’eccessiva esposizione ai campi elettromagnetici presenti nel nostro ambiente.
Chi decide sulle linee guida?
I diversi paesi stabiliscono le proprie norme nazionali per l’esposizione ai campi elettromagnetici. Comunque, la maggior parte di queste normative nazionali sono basate sulle linee guida elaborate dalla Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP, International Commission on Non Ionizing Radiation Protection). Questa organizzazione non governativa, formalmente riconosciuta dall’OMS, valuta i risultati scientifici che provengono da tutto il mondo. Sulla base di un’approfondita rassegna della letteratura, l’ICNIRP produce linee guida che raccomandano dei limiti di esposizione. Queste linee guida vengono periodicamente riviste e, se necessario, aggiornate.
I livelli di campo elettromagnetico variano in modo complesso con la frequenza. Un elenco di tutti i valori previsti da tutte le normative e per tutte le frequenze sarebbe difficile da comprendere. La tabella che segue riassume i limiti raccomandati dalle linee guida per le tre aree su cui si sono concentrati gli interrogativi del pubblico: elettricità nelle abitazioni, stazioni radio base per telefonia mobile e forni a microonde. Queste linee guida sono state aggiornate l’ultima volta nell’aprile del 1998.
Sintesi delle linee guida ICNIRP

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ICNIRP, Linee guida per i CEM, Health Physics 74, 494-522 (1998)
I limiti di esposizione delle linee guida possono differire di un fattore superiore a 100 rispetto a quelli di alcuni paesi ex-sovietici e occidentali. Con la globalizzazione dei commerci e con la rapida introduzione delle telecomunicazioni su scala mondiale, occorrono però norme universali. Molti paesi dell’ex-Unione Sovietica stanno ora prendendo in considerazione nuove normative; nello stesso tempo, l’OMS ha promosso un’iniziativa per armonizzare le linee guida di esposizione a livello mondiale. Le future normative si baseranno sui risultati del Progetto Internazionale Campi Elettromagnetici dell’OMS.
Su cosa sono basate le linee guida?
Un punto importante da sottolineare è che i limiti stabiliti dalle linee guida non costituiscono una linea di demarcazione tra sicurezza e pericolo. Non esiste nessun livello particolare al di sopra del quale le esposizioni diventano pericolose per la salute; al contrario, il potenziale rischio per la salute umana aumenta gradualmente all’aumentare dei livelli di esposizione. Le linee guida indicano che, al di sotto di una determinata soglia, l’esposizione a campi elettromagnetici è, secondo le conoscenze scientifiche, sicura. Questo non comporta automaticamente che al di sopra del limite dato l’esposizione sia dannosa.
Per poter stabilire dei limiti di esposizione, occorre però che gli studi scientifici identifichino il livello di soglia a cui si manifestano i primi effetti sanitari. Poiché non si possono usare esseri umani per gli esperimenti, le linee guida si basano sugli studi su animali, analizzati criticamente. Sottili modificazioni del comportamento negli animali a bassi livelli di esposizione precedono speso alterazioni più gravi della salute, che si manifestano a livelli più alti. Un comportamento anormale è un indicatore molto sensibile di una risposta biologica ed è stato scelto come il più basso effetto sanitario osservabile. Le linee guide raccomandano di evitare esposizioni a livelli ai quali le modificazioni del comportamento diventano apprezzabili.
Questo livello di soglia per le alterazioni del comportamento non è uguale al limite fissato dalle linee guida. L’ICNIRP applica un fattore di sicurezza pari a 10 per ricavare il limite di esposizione professionale e un fattore pari a 50 per ottenere il valore per il pubblico. Quindi, ad esempio, nell’intervallo delle radiofrequenze e microonde il massimo livello di esposizione che potete sperimentare nell’ambiente o in casa è almeno 50 volte inferiore al livello di soglia a cui si manifestano le prime modificazioni nel comportamento animale.
Perché il fattore di sicurezza per l’esposizione professionale è diverso da quello per il pubblico?
La popolazione esposta per motivi professionali è composta da adulti che generalmente sperimentano campi elettromagnetici in condizioni note. Questi lavoratori sono addestrati a conoscere i potenziali rischi e ad adottare le precauzioni appropriate. Al contrario, il pubblico generico è formato da soggetti di tutte le età e di diverso stato di salute. In molti casi, queste persone non sono consapevoli della loro esposizione ai campi elettromagnetici. Inoltre, non ci si può attendere che i singoli individui del pubblico adottino precauzioni per minimizzare o per evitare l’esposizione. Queste sono le motivazioni alla base della scelta di limiti di esposizione più stringenti per il pubblico che per la popolazione esposta professionalmente.
Come già visto, i campi elettromagnetici a bassa frequenza inducono correnti nel corpo umano (si veda la sezione “Cosa succede quando siete esposti ai campi elettromagnetici?”). Ma diverse reazioni biochimiche interne al corpo generano anch’esse correnti elettriche. Le cellule e i tessuti non sono in grado di rilevare nessuna corrente indotta al di sotto del livello di fondo di queste ultime. Quindi, alle basse frequenze, le linee guida per l’esposizione assicurano che il livello delle correnti indotte da un campo elettromagnetico sia al di sotto di quello delle correnti naturali nel corpo.
Il principale effetto dell’energia a radiofrequenza è il riscaldamento dei tessuti. Di conseguenza, le linee guida per l’esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenze e microonde sono stabilite in modo tale da prevenire effetti sanitari causati da un riscaldamento localizzato o del corpo intero. (si veda la sezione “Cosa succede quando siete esposti ai campi elettromagnetici?”). Il rispetto delle linee guida assicura che gli effetti di riscaldamento siano abbastanza bassi da non essere pericolosi.
Ciò che le linee guida non possono prendere in considerazione
Al momento attuale, le congetture su possibili effetti sanitari a lungo termine non possono costituire la base per la definizione di linee guida o di normative. Se si mettono insieme i risultati di tutti gli studi scientifici, il bilancio complessivo delle evidenze non indica che i campi elettromagnetici provochino effetti a lungo termine, come il cancro. Istituzioni nazionali ed internazionali emanano ed aggiornano, sulla base delle più recenti conoscenze scientifiche, normative per la protezione dagli effetti sanitari conosciuti.
Le linee guida sono sviluppate per la popolazione media e non possono affrontare direttamente le esigenze di una minoranza di persone potenzialmente più sensibili. Le linee guida per l’inquinamento atmosferico, ad esempio, non sono basate sulle particolari necessità degli asmatici. Così pure, le linee guida per i campi elettromagnetici non sono progettate per proteggere le persone dall’interferenza con dispositivi medici impiantati, come gli stimolatori cardiaci (pacemaker). Le situazioni espositive da evitare dovrebbero invece essere previste dai costruttori e dai medici che impiantano il dispositivo.
Quali sono i tipici livelli massimi di esposizione in casa e nell’ambiente?
Alcune informazioni pratiche aiutano a fissare dei termini di riferimento per i valori delle linee guida, già riportati. Nella tabella sottostante trovate le più comuni sorgenti di campi elettromagnetici. Tutti i valori rappresentano i massimi livelli di esposizione del pubblico: la vostra esposizione è verosimilmente molto minore. Per maggiori dettagli sui livelli di campo attorno a singoli dispositivi elettrici, si veda la sezione “Tipici livelli di esposizione in casa e nell’ambiente”.
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Fonte: Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS
Come si mettono in pratica le linee guida e chi le controlla?
La responsabilità dell’accertamento dei campi attorno agli elettrodotti, alle stazioni radio base per telefonia mobile e a tutte le altre sorgenti accessibili al pubblico ricade sugli enti governativi e sulle autorità locali. Questi devono assicurare il rispetto delle linee guida.
Per quanto riguarda gli apparati elettronici, il costruttore è responsabile del rispetto dei limiti fissati dalle normative di prodotto. Comunque, come già visto, le caratteristiche della maggior parte dei dispositivi assicurano che i campi emessi siano ben al di sotto dei valori limite. Inoltre, molte associazioni di consumatori effettuano regolarmente delle loro prove. Nel caso in cui abbiate particolari dubbi o preoccupazioni, rivolgetevi direttamente al costruttore o alla vostra autorità sanitaria locale.
Le esposizioni al di sopra di quanto raccomandato dalle linee guida sono pericolose?
Mangiare un vasetto di marmellata di fragole entro la data di scadenza è assolutamente sicuro, ma se la consumate dopo il produttore non può garantirne la qualità. Ciò nonostante, anche qualche settimana o qualche mese dopo la scadenza si potrà di solito mangiare innocuamente la marmellata. In modo analogo, le linee guida per i campi elettromagnetici assicurano che, entro determinati limiti di esposizione, non si verificherà nessun effetto nocivo conosciuto. Un ampio fattore di sicurezza viene applicato al livello che si sa avere conseguenze per la salute. Quindi, anche se sperimentaste intensità di campi elettromagnetici diverse volte superiori a un dato valore limite, la vostra esposizione sarebbe ancora entro questo margine di sicurezza.
Nelle situazioni quotidiane, la maggior parte delle persone non sperimenta campi elettromagnetici che superino i limiti delle linee guida. Le esposizioni tipiche sono molto al di sotto di questi valori. Tuttavia, vi sono situazioni in cui l’esposizione di una persona può, per un breve periodo, avvicinarsi o addirittura superare quanto previsto dalle linee guida. Secondo l’ICNIRP, le esposizioni a campi a radiofrequenze e microonde dovrebbero essere mediati nel tempo per tener conto di effetti cumulativi. Le linee guida specificano per la media un periodo di sei minuti ed esposizioni di breve durata al di sopra dei limiti sono accettabili.
L’esposizione a campi elettrici e magnetici a bassa frequenza non viene invece mediata nelle linee guida. A complicare ulteriormente le cose, interviene un altro fattore detto accoppiamento. Questo si riferisce all’interazione tra i campi elettrici e magnetici ed il corpo esposto. L’accoppiamento dipende dalle dimensioni e dalla forma del corpo, dal tipo di tessuto e dall’orientamento del corpo rispetto al campo. Le linee guida devono essere cautelative: l’ICNIRP assume sempre il massimo accoppiamento tra il campo e l’individuo esposto. Quindi, i limiti fissati dalle linee guida forniscono la massima protezione. Per esempio, anche se le intensità dei campi magnetici degli asciugacapelli e dei rasoi elettrici sembrano superare i limiti raccomandati, l’accoppiamento estremamente debole tra il campo e la testa impedisce l’induzione di correnti elettriche che possano superare i limiti delle linee guida.
Punti chiave
1. L’ICNIRP emana linee guida basate sulle attuali conoscenze scientifiche. La maggior parte dei paesi si basa su queste linee guida internazionali per le proprie normative nazionali.
2. Le normative per i campi elettromagnetici a bassa frequenza assicurano che le correnti elettriche indotte siano al di sotto dei normali livelli delle correnti di fondo nel corpo. Le norme per i campi a radiofrequenza e microonde prevengono effetti sanitari causati da un riscaldamento localizzato o del corpo intero.
3. Le linee guida non proteggono da possibili interferenze con dispositivi elettromedicali.
4. I massimi livelli di esposizione incontrati nella vita quotidiana sono tipicamente molto al di sotto dei limiti previsti dalle linee guida.
5. Grazie a notevoli fattori di sicurezza, l’esposizione al di sopra dei limiti fissati dalle linee guida non è necessariamente dannosa per la salute. Inoltre, la media temporale prevista per i campi elettromagnetici a radiofrequenza e l’assunzione di condizioni di massimo accoppiamento per quelli a bassa frequenza introducono ulteriori margini di sicurezza.
Approcci cautelativi
Via via che si accumulano nuovi dati della ricerca, diventa sempre più improbabile che l’esposizione a campi elettromagnetici costituisca un serio problema sanitario, anche se rimangono alcune incertezze. Le iniziali discussioni scientifiche sull’interpretazione di risultati controversi si sono trasformate in un problema sociale e politico.
I dibattiti pubblici sui campi elettromagnetici si concentrano sui potenziali danni dei campi elettromagnetici ma spesso ignorano i benefici associati alle tecnologie basate su questi campi. Senza l’elettricità, la società sarebbe alla paralisi. Anche le trasmissioni radiotelevisive e le telecomunicazioni sono un dato di fatto nella vita moderna. E’ essenziale analizzare benefici e potenziali rischi e farne un bilancio.
Protezione della salute pubblica
Sulla base delle conoscenze scientifiche del momento vengono sviluppate linee guida internazionali e normative nazionali, che mirano ad assicurare che i campi elettromagnetici che l’uomo incontra non siano pericolosi per la salute. Per tener conto delle incertezze nelle conoscenze (dovute, ad esempio, agli errori sperimentali, all’estrapolazione dall’animale all’uomo o all’indeterminazione statistica), le linee guida includono ampi fattori di sicurezza nei limiti di esposizione. Le linee guida sono regolarmente riviste e, se necessario, aggiornate.
E’ stato suggerito che l’adozione di ulteriori precauzioni per tener conto delle residue incertezze possa costituire un’utile politica da adottare in attesa che la scienza migliori le sue conoscenze sulle conseguenze per la salute. Il tipo e l’entità delle misure cautelative scelte dipende però da quanto forte è l’evidenza di un rischio sanitario, nonché dalle dimensioni e dalla natura delle possibili conseguenze. Le azioni precauzionali dovrebbero essere proporzionate al potenziale rischio. Per maggiori dettagli si veda il Promemoria dell’OMS “Politiche cautelative”.
Diverse politiche cautelative sono state sviluppate per venire incontro alle preoccupazioni per le esposizioni della popolazione e dei lavoratori e ad altri problemi di salute ambientale e di sicurezza connessi ad agenti chimici e fisici.
Cosa fare mentre la ricerca continua?
Uno degli obiettivi del Progetto Internazionale CEM è aiutare le autorità nazionali a soppesare i benefici delle tecnologie che usano campi elettromagnetici rispetto alla possibilità che venga scoperto un rischio per la salute. Inoltre, l’OMS fornisce raccomandazioni per misure protettive, quando queste sono necessarie. Occorreranno alcuni anni affinché le ricerche richieste siano completate. Nel frattempo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fornito una serie di raccomandazioni:
• Stretta aderenza alle normative nazionali e internazionali esistenti: queste normative, basate sulle conoscenze attuali, sono concepite per proteggere, con un ampio margine di sicurezza, ogni individuo della popolazione.
• Semplici misure di protezione: delle barriere attorno a sorgenti di intensi campi elettromagnetici aiutano a precludere l’accesso non autorizzato ad aree ove i limiti di esposizione potrebbero essere superati.
• Consultazione con le autorità locali e con il pubblico sulla localizzazione di nuovi elettrodotti e stazioni radio base per telefonia mobile: le decisioni sulla localizzazione devono spesso tener conto di fattori estetici e della sensibilità del pubblico. Una comunicazione aperta durante le fasi della pianificazione può aiutare il pubblico a capire e ad accettare meglio un nuovo impianto.
• Comunicazione: un efficace sistema di informazione al pubblico e di comunicazione tra scienziati, governi, industria e pubblico può aiutare a raggiungere una generale conoscenza dei programmi che riguardano l’esposizione a campi elettromagnetici e a ridurre sensazioni di sfiducia e paura.
Per ulteriori informazioni si vedano i Promemoria dell’OMS “Campi elettromagnetici e salute pubblica”.
Traduzione di Paolo Vecchia
Traduzione dall’originale in lingua inglese “What are electromagnetic fields?” (http://www.who.int/peh-emf/about/WhatisEMF/en/index1.html)
La responsabilità dell’edizione italiana è esclusivamente del Consorzio Elettra2000.
Il Consorzio Elettra2000 è costituito dalla Fondazione Ugo Bordoni, dall’Università di Bologna e dalla Fondazione Guglielmo Marconi; lo scopo del consorzio è di promuovere in Italia e all’estero studi e ricerche relative all’impatto sanitario, ambientale sociale delle onde elettromagnetiche nelle sue varie forme, nel settore delle telecomunicazioni.